Secondo l’accusa il costruttore aveva fatto eseguire lavori in economia, sapeva di aver utilizzato materiali di qualità inferiore a quella dichiarata, di avere installato serramenti ed impianto di riscaldamento non conformi e di non avere rifatto il tetto
Affidarsi ai tecnici della certificazione energetica non basta soprattutto se in qualità di costruttore si è consapevoli che esiste un bel divario tra lavori eseguiti e classe energetica dichiarata. “Dato che le opere effettuate risultano meno costose di quelle che avrebbero dovuto essere eseguite per rispettare i parametri energetici contenuti nel progetto” non ci può essere buona fede ma si configura il reato di truffa (art. 640 del Codice penale) per aver venduto un immobile con caratteristiche diverse da quelle dichiarate nell’attestato di certificazione energetica.
Così si è espressa la Corte di Cassazione penale con la sentenza n. 16644/2017 che ha annullato la sentenza della Corte d'Appello di Milano rilevando che “la difformità tra i lavori eseguiti e quelli progettati e la conseguente vendita dell'immobile con una classe energetica effettiva non corrispondente a quella dichiarata non poteva sfuggire al costruttore”.
Il caso riguardava un costruttore che aveva venduto un immobile con caratteristiche diverse da quelle dichiarate nell’attestato di certificazione energetica.
La Corte d’appello di Milano aveva assolto l’accusato dal reato di truffa contrattuale con una sentenza contro cui l’acquirente, una donna, aveva presentato ricorso. Il difensore della compratrice aveva sostenuto che “ l'imputato non poteva essere in buona fede tenuto conto del fatto che era consapevole di avere effettuato lavori in economia; il fatto che il tecnico certificante avesse ritenuto rispettato il progetto non poteva escludere la consapevolezza degli inadempimenti in capo all'imputato, costruttore, che sapeva di avere utilizzato materiali di qualità inferiore a quella dichiarata, di avere installato serramenti ed impianto di riscaldamento non conformi e di non avere rifatto il tetto”.
Ora la parola ritorna al “giudice civile competente per valore in grado di appello”.
La morale di questa storia è almeno triplice.
Da un lato i consumatori sono e saranno sempre più attenti al rispetto di quanto promesso nell’Attestato di prestazione energetica in quanto parte rilevante del valore dell’immobile acquistato (vedi anche la recentissima interrogazione parlamentare in merito cliccando qui). Dall’altro la sentenza ribadisce che occorre sempre il massimo della diligenza nell’attestazione delle prestazioni, in questo caso, dell’immobile. Ma il caso potrebbe essere facilmente esteso alle dichiarazioni delle prestazioni di materiali, elementi e componenti edilizi, come i serramenti, che sono alla base dell’APE-Attestazione di Prestazione energetica.
C’è infine da domandarsi del ruolo del certificatore energetica. Possibile non accorgersi, come denuncia l’accusa, che i serramenti ed impianto di riscaldamento non erano conformi e che il tetto non era stato rifatto?
(eb)
Qui in allegato la sentenza della Corte di Cassazione n. 16644/2017
Condividi l'articolo
Scegli su quale Social Network vuoi condividere