Connessioni e disconnessioni tra acqua, costruito e processi industriali. L’uso e l’abuso idrico e il cambiamento climatico come fattori aggravanti di una situazione ambientale che è già oltre la linea di confine.
La vita sulla Terra dipende da sistemi naturali complessi: l’atmosfera, le correnti oceaniche, il suolo, le reti biologiche del pianeta. Ogni sistema segue regole e si comporta in modo coerente: il suo andamento segue certe regole matematiche. In condizioni normali, il sistema si governa da solo, mantenendo uno stato di equilibrio, assorbendo gli scompensi causati dall’antropizzazione. Ma, all’aumentare delle criticità, cambia profondamente e si stabilizza in un nuovo stato di equilibrio, talvolta irreversibile. È quello che succede con il cambiamento climatico e l’acqua.
Scenari e fonti ufficiali del cambiamento climatico
I numeri del cambiamento climatico e dell’acqua ricorrono nei report ufficiali dell’IPCC – Intergovernmental Panel on Climate Change e del WMO – World Meteorological Organization. IPCC rappresenta lo sforzo coordinato delle Nazioni Uniti per dare ai policy makers uno strumento per comprendere e combattere il cambiamento climatico ed è il più autorevole riferimento scientifico sul tema. Nel 2018, aveva evidenziato la portata senza precedenti della sfida necessaria a contenere il riscaldamento entro 1,5°C. Cinque anni dopo, questa sfida è diventata ancora più grande a causa del continuo aumento delle emissioni di gas serra. Il ritmo e la portata di ciò che è stato fatto finora, e i piani attuali, sono stati insufficienti per affrontare il cambiamento climatico. Più di un secolo di utilizzo di combustibili fossili e di uso iniquo e non sostenibile dell’energia e del suolo ha portato a un riscaldamento globale di 1,1°C rispetto ai livelli preindustriali. Da questa situazione sono scaturiti eventi meteorologici estremi più frequenti e più intensi che hanno causato impatti sempre più pericolosi sulla natura e sulle persone in ogni regione del mondo. Secondo il sesto Rapporto di Valutazione pubblicato a marzo 2023, ogni aumento del riscaldamento comporta una rapida escalation di questi fenomeni. L’insicurezza alimentare e idrica legata al clima è destinata ad aumentare con l’aumento del riscaldamento. Cambiamenti nel settore alimentare, dell’energia elettrica, nei trasporti, nell’industria, negli edifici e nell’uso del territorio potrebbero ridurre le emissioni di gas serra. La World Meteorological Organization è un’agenzia specializzata delle Nazioni Uniti ed è fonte autorevole sul clima e sull’acqua. In relazione all’acqua, l’ultimo rapporto della WMO ha descritto un pianeta prossimo a raggiungere situazioni estreme inconciliabili con la sopravvivenza umana, se non al prezzo di enormi compromessi per la qualità di vita. Sono quattro miliardi le persone che vivono in condizioni di grave scarsità fisica per la carenza d’acqua per almeno un mese l’anno e circa un quarto della popolazione mondiale si trova in condizione di scarsità economica d’acqua cioè non ha a disposizione infrastrutture di accesso all’acqua, sia per l’uso domestico, sia per i servizi igienico-sanitari. Negli ultimi 20 anni, il 74 per cento delle catastrofi sono state correlate all’acqua e le persone danneggiate sotto il profilo economico sono state tre miliardi.
Emergono tre elementi di riflessione:
- Ammettendo di riuscire a ridurre le emissioni, per i prossimi 30 anni l’atmosfera continuerà a scaldarsi, perché (semplificando) il sistema è inerziale
- Un aumento del riscaldamento globale amplificherebbe il ciclo dell’acqua esasperandone la variabilità che significa estremi siccitosi e piovosi
- Molti dei cambiamenti già avvenuti e di quelli ormai inevitabili nei prossimi decenni non saranno reversibili per parecchi secoli o millenni, particolarmente per quanto riguarda l’acqua come oceani e criosfera (porzione di superficie terrestre ricoperta di acqua allo stato solido)
Come funziona la relazione tra acqua, suolo e costruito
L’acqua è sentinella del cambiamento climatico e dell’evoluzione del pianeta sia per le manifestazioni di eccesso, sia per quelle di scarsità: inondazioni e desertificazione sono i due “comportamenti” estremi che incidono sulla società e sull’economia mondiale. Qualsiasi attività umana, in qualsiasi parte del Pianeta ha conseguenze in un altro luogo: se si costruisce in una città europea, per esempio, gli effetti di questa azione “atterrano” come contributo negativo al processo di desertificazione del sub-Sahara, in un altro continente. Ogni minima porzione di costruito che viene insediata sul suolo causa conseguenze che si aggiungono ai numeri già ampiamenti noti: l’edilizia genera il 44 per cento di emissioni di CO2, la mobilità il 33 per cento.
Non si affronta il problema dell’acqua
Le azioni attraverso le quali si affronta il cambiamento climatico sono la mitigazione e l’adattamento. In particolare, l’adattamento lavora sul problema dello stress idrico e degli impatti sugli ecosistemi. Per l’adattamento i Paesi emettitori di gas climalteranti stanziano dei fondi anche a favore dei Paesi meno inquinanti, in una visione globale di compensazione delle emissioni. Ciononostante, nelle occasioni politico-negoziali, non si parla a sufficienza dei temi correlati all’acqua, della gestione della risorsa, della scarsità che sta ormai sfociando in crisi idrica. All’acuirsi progressivo e rapido del problema non corrisponde una presa di coscienza politica e questo accade perché le manifestazioni estreme dell’acqua vengono lette come problemi locali, che riguardano solo alcune parti del mondo. È necessario comprendere che si tratta di un problema globale e trasversale. Mentre per le emissioni di carbonio si mettono scadenze, provando ad accorciare i tempi verso zero carbon il più possibile, per quanto riguarda l’acqua non sono stati fissati obiettivi specifici, né sui prelievi, né sull’inquinamento, né dal punto di vista dei governi, né dal punto di vista dei privati. Come se non fossero aspetti del medesimo problema. L’agenda per il cambiamento climatico si dovrebbe trasformare in agenda per clima+acqua.
La gestione dell’acqua: paesi a confronto
L’acqua pubblica è oggetto di dibattito in tutti i Paesi europei. Nell’Unione Europea, il settore idrico è regolato a livello comunitario da diverse normative (la direttiva quadro sulle acque e quella sull’acqua potabile) che delineano un quadro comune europeo, la cui attuazione cambia a seconda dei Paesi. In sostanza, queste regole comunitarie stabiliscono gli standard di qualità minimi che devono essere garantiti in tutti i Paesi membri. All’interno del quadro comune di regole europee ogni stato UE ha le proprie peculiarità, raccolte nel rapporto “The governance of water services in Europe”, pubblicato a marzo 2018 da Eureau (la federazione europea dei servizi idrici).
In Italia
Le reti idriche sono di proprietà pubblica ed è vietata la loro vendita a soggetti privati, anche se la società acquirente avesse capitale interamente pubblico. La gestione può essere affidata a soggetti privati. Secondo i dati di Utilitalia (la federazione che rappresenta la quasi totalità degli operatori dei servizi idrici in italia), nel 2017, oltre la metà degli abitanti in italia (il 53 per cento) riceveva un servizio erogato da società interamente pubbliche. Poco più di tre italiani su 10 invece (il 32 per cento) lo riceveva da società miste a maggioranza o controllo pubblico, mentre un 12 per cento direttamente dall’ente locale (la cosiddetta “gestione in house”, possibile solo a determinate condizioni, tra cui il capitale interamente pubblico della società affidataria). Del restante 3 per cento, un 2 per cento della popolazione italiana era servita da società private e l’ultimo 1 per cento da società miste a maggioranza o controllo privato.
In Germania
In Germania, secondo i dati di Eureau, quasi il 40 per cento della fornitura idrica è sotto una gestione pubblica delegata: l’ente pubblico nomina una società controllata direttamente dallo stesso ente per la gestione della rete idrica, che è di proprietà dello stato. Il restante 60 per cento, invece, è sotto gestione privata delegata e attraverso una gara ottiene una concessione con scadenza dopo alcuni anni. Esiste anche una piccola porzione – un per cento del totale – di acqua gestita direttamente dal pubblico.
In Francia
Secondo Eureau, i francesi – così come gli italiani – possono ricevere l’acqua da tre tipi di gestione diversa: gestione pubblica diretta; gestione pubblica delegata; gestione privata delegata. In Francia la gestione dell’acqua è caratterizzata da una grande frammentazione e a volte nello stesso comune convivono per i diversi settori della filiera soluzioni diverse. Anche in Francia, le reti idriche non possono essere cedute ai privati.
In Spagna
I tre modelli presenti in Francia sono presenti anche in Spagna, dove il 10 per cento della popolazione riceve l’acqua da reti a gestione direttamente pubblica. Il 56 per cento degli abitanti è servita con il modello della gestione pubblica delegata, mentre il 34 per cento da società private che hanno ricevuto in concessione la gestione dell’acqua pubblica.
In UK
In UK (Paese extra UE), la gestione dell’acqua cambia tra le singole nazioni. In Inghilterra e Galles, i servizi idrici funzionano sotto il modello della gestione privata diretta: la gestione e, a differenza dell’Italia, anche la proprietà delle reti idriche sono affidate a società private. Le tariffe, però, hanno dei limiti che sono imposti dalla water services regulation authority (Ofwat), ente governativo indipendente, che controlla l’operato dei privati. In Scozia e in Irlanda del nord, i servizi idrici funzionano sotto il modello della gestione pubblica delegata.
L’acqua nella filiera industriale del costruito
Sappiamo che la Terra è composta al 71 per cento dall’acqua, che più del 96 per cento si trova negli oceani. L’acqua dolce, e ancor di più l’acqua potabile, è una risorsa rara, considerando che la popolazione mondiale è in aumento e che, a causa del cambiamento climatico, diminuirà. Secondo uno studio condotto da Ambrosetti The European House, in Italia, quasi metà dell’acqua viene dispersa, il doppio della media europea. Il 60 per cento delle infrastrutture idriche nazionali ha più di 30 anni e il 25 per cento ne ha più di 50. È questo il risultato di decenni di investimenti mancanti o inadeguati. Sarebbe necessario aggiornare le infrastrutture e ridurre, per esempio, gli sprechi causati dalla loro obsolescenza. Il valore dell’acqua si misura anche sulla rilevanza economica: la filiera dell’acqua attiva una catena del valore “lunga” che include settore agricolo, industrie manifatturiere “idrovore”, settore energetico, ciclo idrico integrato, provider di tecnologia e software e fornitori di macchinari e impianti, complessivamente genera 310,4 miliardi di euro di valore aggiunto: il 17,5 per cento del Pil italiano non potrebbe essere generato senza la risorsa acqua. A scala mondiale, si stima che entro il 2050 il fabbisogno di cibo aumenterà del 60 per cento e che non ci sarà acqua sufficiente per produrlo. Mantenendo inalterate le tendenze attuali il mondo potrebbe dover affrontare un deficit idrico del 40 per cento entro il 2030. A gennaio 2022 la popolazione mondiale era di 7,92 miliardi di persone, le previsioni indicano che si arriverà a 9,8 miliardi nel 2050: la competizione per l’acqua diventerà insostenibile sia economicamente, sia ambientalmente. È, dunque, fondamentale capire come l’acqua viene usata/consumata per tutte le funzioni produttive.
Cos’è l’impronta idrica tra i parametri del cambiamento climatico
Proprio perché l’acqua è sempre più in diminuzione a causa del cambiamento climatico, misurare l’impronta idrica diventa sempre più importante. Questa è la quantità di acqua utilizzata nella produzione di beni e servizi che vengono consumati da singoli, comunità e imprese. Il concetto di acqua virtuale (ovvero l’acqua incorporata nei beni alimentari e non alimentari) aiuta a spiegare l’insostenibilità delle nostre economie politiche sulle risorse idriche. L’acqua virtuale è utilizzata nella produzione di alimenti (e fibre) e beni di consumo non alimentari, compresa l’energia. Molta parte del problema deriva dall’uso delle risorse idriche per l’alimentazione, perché la quantità di acqua utilizzata nella produzione alimentare è di gran lunga superiore a quella utilizzata in qualunque altra attività economica o sociale.
È, infatti, l’agricoltura che usa la maggior quantità d’acqua – secondo i dati Ocse, aggiornati al 2021 – il 69 per cento del totale dei prelievi di acqua in tutto il mondo, per scopi irrigui, per allevamento e acquacoltura. In alcuni paesi in via di sviluppo la percentuale raggiunge addirittura il 95 per cento. Il settore industriale (inclusa la generazione di elettricità ed energia) pesa per il 19 per cento dei prelievi e poco più del 10 per cento per consumo civile.
Tuttavia, è fondamentale non trascurare l’insostenibilità del consumo d’acqua nel settore produttivo, perché l’agricoltura e l’industria alimentare sono le uniche filiere che possono utilizzare sia l’acqua verde (flussi e depositi presenti nelle sezioni del suolo di terreni agricoli e paesaggi naturali derivanti dalle precipitazioni) e trasferirla incorporata negli alimenti (come acqua virtuale), sia l’acqua blu (flussi e depositi di acqua dolce presenti sulla superficie terrestre e nei sistemi di acque sotterranee). L’acqua non alimentare, cioè quella utilizzata da tutte le altre filiere produttive può essere solo blu. Secondo i dati del water footprint network, l’impronta idrica dell’Italia è stimata in circa 130 miliardi di m³ all’anno – una delle più alte d’Europa.
Quanta acqua consuma l’edilizia
L’edilizia è responsabile di circa il 40 per cento dei consumi energetici.
Da questo enorme percentuale si innestano le proposte prevalentemente rivolte all’efficientamento energetico, ma il 50 per cento delle materie prime destinate all’edilizia viene estratto e sono proprio i processi di estrazione a influire profondamente sul consumo dell’acqua. Il 36 per cento delle emissioni di gas climalteranti, di cui sono responsabili gli edifici, deriva dall’uso di sistemi idrovori e non solo energivori. Secondo Il Green Building Council Italia, (capitolo italiano del World GBC, una rete di GBC nazionali presenti in più di 70 paesi, che rappresenta la più grande organizzazione internazionale al mondo attiva per il mercato delle costruzioni sostenibili.), il dato netto complessivo di consumo di acqua per l’edilizia è del 21 per cento. Ragionando per materiali, il calcestruzzo è il più utilizzato nel mondo, per il settore delle costruzioni.
Per fare il calcestruzzo servono cemento, aggregati o inerti e acqua. In tutto il mondo vengono scavate ogni anno tra i 47 e i 59 miliardi di tonnellate di materiali, di cui sabbia e ghiaia, utilizzati come aggregati, con maggior frequenza di qualunque altro materiale.
L’estrazione ha impatto sulla biodiversità, sulla torbidità e sul livello dell’acqua, sul paesaggio e sul cambiamento climatico. Il calcestruzzo armato ampiamente utilizzato per costruire edifici e infrastrutture è composto da acciaio e cemento: servono 235mila litri d’acqua per produrre una tonnellata di acciaio e 5.100 litri per una tonnellata di cemento. L’acqua viene utilizzata per tutti i materiali dell’edilizia: per esempio per un asse di legno da costruzione servono quasi 19 litri, per un litro di pittura, 13 litri d’acqua.
Come si regolamenta il consumo d’acqua in edilizia
Sotto il profilo legislativo, attraverso il Green Procurement Deal (COM 2003/302 –Italia Decreto 11 aprile 2008), la Commissione europea ha imposto che le amministrazioni pubbliche devono integrare i criteri ambientali in tutte le fasi del processo di acquisto, scegliendo soluzioni con il minor impatto possibile sull’ambiente lungo l’intero ciclo di vita. Per quanto riguarda le risorse idriche i CAM prevedono la riduzione del consumo di suolo e mantenimento della permeabilità dei suoli; la riduzione dell’impatto sul sistema idrografico superficiale e sotterraneo; la raccolta, depurazione e riuso delle acque meteoriche; la costituzione di una rete di irrigazione delle aree a verde pubblico; il risparmio idrico e che gli impianti idrici siano in buone condizioni. Tutti i protocolli di sostenibilità ambientale internazionali e nazionali cogenti e volontari disciplinano il risparmio della risorsa idrica, secondo modelli simili a quello contenuto nei CAM.
L’acqua nei processi industriali del comparto serramenti
I processi industriali richiedono utilizzo di acqua per diversi scopi: dal raffreddamento condensazione negli impianti di generazione di energia elettrica tramite vapore, alle operazioni manifatturiere e di raffinamento, al lavaggio delle materie prime e degli impianti, al trasporto degli input di produzione e all’impiego come input produttivo nelle stesse lavorazioni. Oltre alle quantità utilizzate, i diversi processi industriali richiedono diversi standard qualitativi di risorsa in entrata, a seconda della tipologia di produzione (alimentare/non alimentare).
Abbiamo chiesto alle aziende del nostro comparto quali sono le strategie che adottano con l’obiettivo di un comportamento sostenibile e responsabile nei confronti della risorsa acqua.
Ridurre il consumo e depurare
Mauro Durazzi, direttore commerciale di Kromoss ha spiegato che l’azienda ha un approccio ampio, che abbraccia tutti gli aspetti che la produzione industriale può avere nei confronti dell’ambiente.
La realizzazione di un impianto fotovoltaico da 2.1Mw per la produzione di energia elettrica e la sostituzione del sistema di illuminazione interno, ora a LED, ha drasticamente ridotto il consumo di energia elettrica da 80 a 25kWh.
Questo, unitamente all’installazione di silenziatori sui camini, che permettono l’abbattimento del rumore di 10dB, fa di Kromoss un’industria decisamente all’avanguardia della sostenibilità ambientale. Nella medesima direzione va il trattamento dei fanghi risultanti dal trattamento delle acque, non più diretti all’impianto di smaltimento, ma utilizzati al recupero in cementificio. “L’azzeramento dello smaltimento delle polveri esauste è il più importante progetto in atto, da realizzare a breve termine, per inserire Kromoss nel percorso virtuoso dell’economia circolare – ha dichiarato Durazzi – l’investimento fondamentale è stato e rimane quello che mira al risparmio idrico, con la messa a terra di un impianto di depurazione grazie al quale sia l’acqua, come anche tutte le sostanze utilizzate per il trattamento dell’alluminio, vengono depurate completamente e immesse in un corpo di raccolta superficiale, in osservanza alla normativa locale nazionale. Il controllo delle criticità nelle fasi di produzione segue di pari passo la crescita di mercato dell’azienda.
Per offrire un prodotto con elevati standard qualitativi, tutti i processi devono essere anzitutto sostenibili e sottoposti a severi controlli. I nostri progressi riguardano i vari passaggi dalle fasi di verniciatura del materiale, dove:
- L’utilizzo di polveri in grado di polimerizzare a basse temperature rappresenta un traguardo fondamentale per la riduzione delle emissioni e dei consumi energetici
- L’utilizzo di materiali di imballo estensibili garantisce una riduzione significativa degli scarti di materie plastiche
- La pianificazione dei programmi di consegna consente ulteriori significative riduzioni dei consumi
Tutte queste attività sono ovviamente applicabili grazie alla condivisione degli obiettivi con la nostra clientela. La nostra logica di partenariato, infatti, ci consente di approcciare tutte le necessarie modifiche con l’avallo dei nostri clienti che, ovviamente, ne condividono le finalità e gli obiettivi.”
Kromoss è prossima a ottenere la certificazione ESG (Environmental, Social e Governance) che premia la dimostrata capacità di entrare a far parte a pieno titolo nel quadro di totale sostenibilità economica, ambientale, sociale e di governance.
Today for tomorrow, l’impegno di Profine per il cambiamento climatico
Adelina Luiza Cazacu, marketing communication Officer, racconta che l’attenzione alla sostenibilità, sia per quanto riguarda Profine Italia, sia per il gruppo Kömmerling è molto alta da prima che emergessero le cogenze normative e legislative sollecitate dal cambiamento climatico. Profine è stato un precursore nell’uso di calcio zinco al posto di metalli pesanti, gestisce il ritiro, la rilavorazione e il riuso degli scarti di lavorazione. Cazacu ha spiegato che il gruppo Kömmerling dichiara la chiara volontà di essere protagonista nella riduzione dell’impatto sul territorio. “Alle finestre in pvc si associa spesso un’immagine negativa e anti-ecologica aprioristicamente, senza conoscere i diversi aspetti del processo industriale, la sostenibilità assunta in primo piano nelle strategie produttive, a partire dal riuso dei materiali, primo grande presidio di rispetto verso l’ambiente. Anche per questo abbiamo scelto lo slogan Today for tomorrow, proprio in occasione del centoventicinquesimo anniversario dell’azienda. La scelta di investire sul fronte del riuso influisce in termini virtuosi, su tutto gli aspetti di riverbero ambientale. Abbiamo implementato il processo produttivo nella sede italiana con un nuovo impianto per la rimacinazione degli scarti di pvc che ritiriamo dai nostri produttori e trasformiamo in granuli, nuova materia prima. Il nostro impegno è testimoniato dall’attenzione che rivolgiamo sia all’ottenimento di certificazioni volontarie, tra le altre particolarmente importante l’EPD, sia al tema dell’imballaggio per il quale abbiamo raggiunto la certificazione zero pellet loss, finalizzata a ridurre la dispersione non intenzionale di granuli plastici in ciascuna fase della catena produttiva o logistica. L’iniziativa arriva dall’accordo di collaborazione siglato da PlasticsEurope e EuPC, le due principali associazioni europee della filiera delle materie plastiche, nell’ambito del programma internazionale volontario Operation Clean Sweep (OCS). Si tratta del protocollo di salvaguardia ambientale (a cui aderiscono oltre 1200 aziende della filiera della plastica) che identifica le linee guida per migliorare impianti e procedure interne alle aziende, in modo prevenire e azzerare la dispersione di microplastiche nell’ambiente. Il nostro è un obiettivo di sostenibilità globale. Inoltre, a livello di gruppo stiamo certificando le emissioni di anidride carbonica, di fatto la nostra carbon footprint”.
Sotto il profilo del consumo idrico, Luciano Trevisan, operations manager Profine, ha spiegato: “prestiamo una estrema attenzione nell’uso dell’acqua sanitaria nel contesto aziendale e al rispetto delle cogenze legislative (sistema di depurazione/impianto di prima pioggia). Per quanto riguarda il processo industriale, usiamo l’acqua per il raffreddamento dell’impianto di calibratura dei profili e per gli altri sistemi che lo richiedono. Lavoriamo con un circuito chiuso che consente la circolazione di 40 metri cubi d’acqua. Non c’è mai contatto diretto con i prodotti. Alla fine del ciclo di refrigerazione, l’acqua rientra nel circuito dopo una filtrazione delle particelle che può aver raccolto nel processo di raffreddamento. L’acqua utilizzata per il lavaggio dei filtri viene poi ulteriormente vagliata, i fanghi raccolti vengono smaltiti.
Semestralmente, durante i periodi di fermo estivo e invernale, l’acqua viene eliminata e portata in discarica dopo essere stata analizzata. Dunque, il consumo complessivo annuo, considerando anche le integrazioni per evaporazione in fase di processo, è di circa 100 metri cubi, stabile e senza incrementi”.
Responsabilità ambientale verso il cambiamento climatico
Monia di Gennaro è responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione e responsabile sistemi QAS in Ponzio. Una spiccata sensibilità e attenzione verso i temi di rispetto ambientale guida le scelte strategiche e operative. Spiega Di Gennaro che l’azienda è certificata Emas dal 1999, prima industria in Abruzzo e 22esima in Italia.
EMAS è un acronimo che significa Eco-Management and Audit Scheme, cioè una certificazione ambientale volontaria rivolta ad aziende ed enti pubblici per la valutazione, la relazione e il miglioramento delle prestazioni ambientali. “Aderire alla certificazione Emas impone di raccogliere i dati ambientali e di comunicarli verso l’esterno, elaborando una Dichiarazione Ambientale, che viene convalidata da un verificatore ambientale accreditato ed è riconosciuta dal Ministero dell’Ambiente. – prosegue Monia – La nostra attenzione all’ambiente comprende tutti gli aspetti del processo produttivo, dagli impianti, all’organizzazione aziendale, al rapporto con i fornitori. Ponzio ricicla l’85 per cento dell’alluminio ottenuto, utilizzando la più avanzata tecnologia di selezione e fusione dei rottami del settore, che reintroduciamo nel circuito produttivo. Per quanto riguarda la riduzione del consumo di energia elettrica, nella nostra gestione interna, abbiamo introdotto un nuovo impianto di aria compressa e controllo dei consumi sui reparti in tempo reale. Come molte altre aziende, abbiamo installato il fotovoltaico sulle coperture dei capannoni industriali e degli uffici aziendali, coprendo così il 60-70 per cento del fabbisogno aziendale. Sempre attenta all’innovazione, Ponzio si sta concentrando sullo sviluppo della tecnologia dell’idrogeno come vettore energetico. L’obiettivo in un prossimo futuro è quello di accumulare l’energia elettrica prodotta nei giorni di chiusura aziendale (sabato e domenica) e convertirla in idrogeno, ottima fonte di alimentazione per i bruciatori dell’impianto di sublimazione in modo da ridurre la dipendenza del di gas metano. Ci concentriamo particolarmente sul tema idrico, fondamentale elemento di equilibrio ambientale. Un impianto di recupero delle acque ad alta prestazione ci consente di risparmiare quasi 21mila metri cubi. Le acque di verniciatura vengono depurate, raccolte e rilanciate nel ciclo produttivo. Eliminiamo le acque di ossidazione e monitoriamo costantemente andamento e consumo. Questo ci permette di non prelevare acqua dal sottosuolo e di contribuire a un utilizzo più sostenibile della risorsa. Stakeholder e clienti non dedicano una particolare attenzione all’aspetto del risparmio idrico, esigono che siano soddisfatti i prerequisiti di sostenibilità ambientale in senso generale, ma noi riteniamo che sia una precisa responsabilità etica aziendale assumere il rispetto per l’ambiente in tutte le sue declinazioni come linea guida strategica e gestionale”. Conclude Di Gennaro “Sicurezza e ambiente sono al primo posto nella nostra strategia aziendale”
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