L'ingegnere Paolo Rigone, direttore tecnico UNICMI, durante il SerramenTalk ha parlato del comportamento al fuoco delle facciate
Come avviene l’interazione tra il fuoco e la facciata? Quali sono i requisiti di protezione al fuoco? Cosa si intende per resistenza al fuoco e reazione al fuoco dell’involucro? E infine come si comportano i materiali di una facciata? A queste domande ha risposto l’Ing. Paolo Rigone, direttore tecnico UNICMI, al SerramenTalk, in occasione del Made Expo 2021, presentando alcuni casi di incendi verificati su edifici residenziali alti, un tempo destinati ad uffici, a oggi impiegati anche per abitazioni e dotati di terrazzi.
La protezione al fuoco della facciata richiede una particolare attenzione nella zona di interazione tra solaio strutturale dell’edificio e l’involucro che normalmente è posto di fronte alla struttura. Un’altra situazione significativa è la presenza di superfici apribili: finestre, porte-finestre ed elementi aggettanti come balconi e terrazzi.
Quando si fa una prova in scala reale – spiega Rigone -non bisogna solo verificare la reazione al fuoco, ma si osserva il comportamento all’incendio. Tali prove sono fondamentali per capire il comportamento della facciata. I fattori che condizionano lo sviluppo dell’incendio dipendono essenzialmente dalle proprietà dei materiali coinvolti e in particolare, dal calore specifico, dalla conduttività termica, dal calore latente di fusione, dal gas e dai fumi prodotti durante la combustione. Queste caratteristiche sono utili per stabilire la classe di reazione al fuoco di un materiale.
Le due fasi di un incendio e la normativa antincendio
Chiosa Rigone, l’incendio si divide in varie fasi: ignizione o accensione, propagazione, incendio generalizzato fino all’estinzione, fasi che si misurano in funzione della temperatura e del tempo. Le dinamiche di normativa antincendio intervengono sulla ignizione e sulla propagazione per evitare l’incendio generalizzato che, raggiunte determinate temperature, non permetterebbe più alcun intervento. Tale attività si concentra sulle caratteristiche dei materiali, resistenza e reazione al fuoco, ma anche sulle misure che possono essere sia attive che di tipo passivo.
Assolutamente da evitare, prosegue, è il raggiungimento delle temperature estreme, il cosiddetto fenomeno del ‘flash over’, che determina un aumento della temperatura dell’aria oltre i 600°, causando l’accensione di tutti i materiali combustibili presenti.
Tipologia di facciata e rischio incendio
Quando la facciata scorre davanti alla struttura, stiamo parlando di facciata continua (curtain wall) se invece esiste una intercapedine tra il rivestimento e la struttura dell’edificio, si tratta di facciata ventilata. Sulla propagazione dell’incendio, la facciata continua, tipica degli uffici, ha diverse caratteristiche funzionali: può essere luogo di attacco sia esterno che interno e costituisce un elemento di alimentazione della combustione e un tramite della propagazione. Si assiste così a una possibile propagazione verticale dell’incendio (per convezione per conduzione) nell’intercapedine che esiste tra piano della facciata e bordo dei solai, un cammino preferenziale dove fuoco, fumo e calore si possono infilare. Inoltre, il fuoco può attaccare l’interno del pannello sottofinestra oppure esternamente il piano della facciata, dopo la rottura dei vetri. I vetri dopo 10-15 minuti tendono a rompersi e il fuoco dall’interno tende a propagarsi verso l’esterno. Bisogna pertanto proteggere due zone particolari: la zona chiamata pannello di facciata, lo spandrel e il sesto tagliafuoco orizzontale che chiude la porzione di intercapedine tra solaio e facciata. Tuttavia, contrariamente a quanto ci si possa aspettare, la casistica di incendi fortemente gravi per l’involucro è piuttosto rara, informa Rigone. Ciò perché quando le fiamme escono dalle finestre, per via dei moti convettivi che ci sono esternamente, tendono velocemente a perdere temperatura, scendendo. A maggior ragione, se un edificio è dotato di balconi e logge, le parti orizzontali servono ad allontanare maggiormente le fiamme dal possibile rientro verso l’edificio.
La normativa antincendio in Italia
Questo concetto è stato implementato nella maggior parte delle normative europee e dei principali Paesi sviluppati – prosegue il direttore UNICMI – considerando una fascia di sicurezza che si può sviluppare sia in altezza che in orizzontale, a cavallo tra un piano e l’altro. La normativa italiana chiede che questa fascia sia resistente al fuoco almeno per un’altezza di un metro, e che possa essere un elemento verticale per le facciate continue oppure realizzato con un aggettante nel caso di una facciata che integra al suo interno dei balconi.
I Paesi europei hanno normato la situazione.
Le normative italiane richiedono determinati valori sia per quanto riguarda la resistenza al fuoco dei materiali, in modo particolare di alcune parti della facciata, sia per quanto riguarda la loro reazione al fuoco, ovvero il loro contributo allo sviluppo dell’incendio. La capacità della facciata continua di limitare la propagazione di fuoco da un piano all’altro può essere verificata in vari modi: in modo analitico, ovvero tramite dei calcoli, oppure attraverso delle prove. Nel caso delle facciate continue esistono le norme UNI EN 1364-3 che classificano una facciata continua completamente resistente al fuoco, includendo vetri e struttura, oppure la EN 1364-4 che prevede test di configurazione parziale, per la zona posta di fronte ai solai. In questo caso i risultati devono essere conformi alla UNI EN 13501.
Ciò permette di definire la Resistenza al fuoco, ovvero la capacità di un elemento da costruzione di conservare per un determinato tempo, sotto l’azione di un incendio, una o più prestazioni di natura statica, termica o chimico-fisica. Queste caratteristiche sono tradotte in termini di integrità (E), isolamento termico (I) e resistenza meccanica (R), quest’ultima usata solo per gli i solai (gli componenti strutturali) e non per le facciate che invece sono invece gli elementi non strutturali. La facciata continua può anche essere classificata anche con (W) in caso utilizzi vetri resistenti al fuoco e all’irraggiamento del calore.
La Reazione al fuoco segue lo stesso percorso normativo e serve per classificare il comportamento dei materiali incombustibili, secondo le norme europee UNI EN 13501-1. Questa tipologia di materiali corrisponde alla classe A1, la vecchia classe 0 della normativa italiana.
Le zone della facciata dove si devono avere le prestazioni di reazione al fuoco sono la fascia di compartimentazione, alta un metro e il giunto a solaio che devono resistere entrambi 60 minuti dal punto di vista meccanico di integrità (E). Il giunto a solaio deve essere resistente anche al calore (EI).
La normativa italiana è estremamente completa, ci illustra Rigone, e comprende altre casistiche come per esempio le facciate a doppia pelle (che hanno una pelle di fronte all’altra, generalmente vetrate). La norma prevede l’interruzione della cavità piano per piano, ovvero il prolungamento dei solai per arrivare a chiudere l’intercapedine. Non si avrà, quindi, una ventilazione che parte dalla base fino alla sommità, come le facciate continue. Però si possono introdurre serrande orizzontali che entrano in funzione soltanto quando si sviluppa l’incendio, oppure optare per una cavità unica completa che necessita l’inserimento all’interno dell’intercapedine di un impianto sprinkler di spegnimento dedicato. Tuttavia, queste sono operazioni molto dispendiose e di fatto la normativa italiana preferisce l’interruzione piano per piano per semplificare gli interventi dal punto di vista antincendio e di conseguenza controllare i costi.
I metodi di prova sono molto dispendiosi perché le prove di resistenza al fuoco sono prove distruttive. Si può testare integralmente una facciata (struttura, tamponamenti vetrati e opachi), oppure è possibile testare soltanto una parte. Per tal motivo, la normativa EN 1364 è distinta in due parti, configurazione completa o parziale.
Reazione al fuoco dei materiali e normativa
Per quanto riguarda i Materiali, esistono approcci differenti di certificazione. Le prescrizioni presenti nelle norme tecniche dei diversi paesi europei molto spesso non sono equivalenti fra loro. Generalmente viene indicato un materiale come non combustibile, quindi in classe A1. In realtà i materiali vengono classificati in base al loro contributo alla generazione del fuoco. In Italia esistono molte più classi, come la A2,B,C,D,E,F che comportano un’ulteriore indicizzazione delle classi. Esiste la ‘s’ che sta per la produzione del fumo e ‘d’ per il gocciolamento delle particelle infuocate.
Attualmente, la normativa italiana chiede, dal punto di vista della reazione al fuoco dei materiali isolanti, la classe di resistenza B-s3- d0. In pratica i materiali devono essere privi di gocciolamento, prerogativa molto importante alla quale i vigili del fuoco sono particolarmente attenti.
Un ultimo aspetto da tener presente è la quantità del materiale resistente al fuoco, continua Rigone. Devono garantire gli stessi requisiti di reazione al fuoco anche quei materiali di tenuta come sigillanti e guarnizione se occupano complessivamente una superficie maggiore del 10% dell’intera facciata. E anche gli elementi di rivestimento se occupano una superficie maggiore del 40%. Ci sono poi altri materiali come gli elementi metallici (alluminio, acciaio, vetro..) che vanno automaticamente in classe A1 (non combustibile) perché non costituiscono un problema in termini di reazione al fuoco.
Cosa succede negli altri paesi, soprattutto alla luce degli incendi scoppiati a Londra nel 2017 e a Milano ad agosto del 2021, episodi che hanno fatto molto discutere a livello europeo? Rigone parla di comportamento al fuoco della facciata più che di reazione al fuoco. Non esiste ancora una norma unica europea che permetta di creare delle prove in scala ‘quasi’ reale per le facciate, ma ci sono Paesi che hanno già sviluppato una loro normativa: ad esempio la norma tedesca DIN 4102 (prevista anche in Svizzera) permette di ricreare una porzione di facciata ad angolo, testata per vedere la reazione e la resistenza al fuoco.
Infine, le nuove normative inglesi BS invece sono diverse dalle nostre e valgono solo per la Gran Bretagna in virtù della loro uscita dal contesto europeo.
a cura di Letizia Di Peppo
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