Normativa

Confessione di un rivenditore di porte e finestre: “Ecco perché conviene…comprare all’estero”

Il diabolico meccanismo delle fatture “senza IVA” permesso dalla legislazione comunitaria dal 1993 distruggerà nel giro di pochi anni l’industria nazionale e il ricco tessuto artigianale delle microimprese produttrici di serramenti in legno, alluminio e pvc

Si chiama Nicola (non è il suo nome vero per ragioni di privacy). Abita e lavora in una grande città del centro sud. E’ da parecchi anni rivenditore di porte e finestre dopo aver lavorato in un’azienda produttrice di serramenti. Lo conosciamo da lungo tempo. Su Guidafinestra ha letto delle fatture ‘senza IVA’ per i prodotti intracomunitari importati. Ha letto dell’interrogazione parlamentare dell’on. Guido Guidesi (vedi news), delle proteste di Finco (vedi news), di Anfit (vedi news) e di Confartigianato (vedi news). Si è sentito coinvolto e ha voluto apportare la sua testimonianza.

Infatti, Nicola, dopo aver venduto solo serramenti nazionali, per parecchi anni ha importato prodotti, sostanzialmente finestre provenienti dall’Europa dell’Est affascinato dai prezzi molto convenienti.
Anche lui ha scoperto il trucco delle fatture ‘senza IVA’ che appaiono tali, con un bell’effetto cosmetico anche se poi l’IVA in reverse charge chi compra la deve versare. In ogni caso, al di là del vantaggio dei prezzi molto bassi permessi dai costi della componentistica che costa la metà della nostra, l’energia che costa molto meno che da noi, dalla manodopera che costa un quarto di quella italiana (in Polonia, ad esempio, si parla si 7/7,50€ all’ora, pagati in zloty), c’è un altro vantaggio soprattutto per i piccoli rivenditori quelli che pagano l’IVA trimestrale come per l’appunto Nicola. Ecco il suo racconto pervenutoci tale quale via mail. Il titolo è di Nicola.

Serramenti a Km “quasi” zero
“Per un rivenditore di serramenti, acquistare le finestre da Polonia, Bulgaria, Romania, Repubblica Ceca ecc. conviene non solo per il basso costo dei prodotti proposti in vendita; per l’irrisorio costo di trasporto (se paragonato ai chilometri da percorrere per giungere in Italia), ma anche perché queste nazioni godono dei vantaggi IVA per le operazioni intracomunitarie. Succede infatti che acquistando (per rivenderli) i serramenti in Italia bisognerà versare al produttore l’IVA con aliquota 22%. Se invece la stessa merce viene acquistata da un paese comunitario, si può omettere di versarla. Occorre però essere iscritti al VIES, registro tenuto dalla Agenzia delle Entrate a cui si può essere iscritti facendone semplice richiesta.

Considerato quindi che l’IVA incassata si può versare allo Stato ogni 3 mesi e che la consegna dei serramenti avviene generalmente in 4/5 settimane, il non anticipare IVA per acquistare i serramenti al cliente finale che gode di aliquote agevolate diviene molto importante perché in questo modo il rivenditore non riduce la sua liquidità.

Nel caso in cui, poi, ci siano anche le agevolazioni legate al bonus energia (65%) la vicenda diviene ancora più paradossale. Infatti l’Agenzia delle Entrate effettuerà, come di legge, un prelievo dell’8% sul bonifico effettuato dal cliente finale. In questo modo riduce ulteriormente i margini del rivenditore, inducendolo di fatto, a preferire il fornitore estero da quello italiano.

Se poi si considera che il beneficio ambientale (e quindi collettivo) di minor emissioni di CO2 nell’arco di 10 anni (tempo in cui lo Stato italiano restituisce il 65% della spesa sostenuta al privato) si sarà annullato con i trasporti dei materiali dai paesi di origine ai luoghi d’installazione, si comprenderà l’assurdità dell’attuale situazione“.

Da qualche tempo il nostro rivenditore Nicola non compra più all’estero. Per varie ragioni ha deciso di preferire prodotti nazionali di pregio e a buon prezzo pressoché competitivi, ci assicura, con quelli esteri. Differenza di prezzo sostanzialmente minima.

Tra le ragioni vi è anche uno scrupolo di coscienza. Di questo passo, ci dice a voce, dove andiamo a finire? In pochi anni, grazie a una sciagurata legge comunitaria (recepita con decreto-legge n. 331 del 1993), complici le imprese di costruzione che non guardano in faccia nessuno e rivenditori poco scrupolosi, distruggeremo un ricchissimo tessuto artigianale di decine di migliaia di falegnami, serramentisti e fabbri e le nostre, poche, industrie nazionali. Si mettono in gravi difficoltà anche le aziende estere installate stabilmente sul territorio che pagano regolarmente l’IVA e le altre imposte, l’INPS, l’INAIL ecc. Si metteranno così sul lastrico decine di migliaia di operatori. La nostra società rischia di impoverirsi fortemente. E lo Stato pure.

Si fa tanto parlare di cibo a km zero. Forse è il caso di riscoprire le produzioni locali dove ogni giorno chi produce e vende finestre ci mette la faccia. Non è un discorso nazionalistico il nostro visto che l’Italia esporta tantissimo. Anche in questo settore. E quindi in una logica di interscambio dobbiamo esser pronti ad accettare anche il prodotto estero. Tuttavia molti prodotti arrivano con dei prezzi così minimi da configurare una concorrenza assolutamente sleale. Se poi ci aggiungiamo l’effetto “no IVA” siamo fritti. Possiamo chiudere bottega. La finestra non è un prodotto da supermercato. La finestra non è una commodity. E’ un prodotto ‘locale’ per eccellenza che richiede cura e attenzioni maniacali nella fase di progettazione, costruzione e installazione.

Solo una domanda finale: lo Stato italiano è sicuro di guadagnarci – oggi e domani – continuando ad applicare il decreto-legge n. 331 del 1993?
(eb)