Tra le vittime anche 12 mila negozi di vicinato. “Fuori mercato” 400 mila lavoratori. Il bilancio degli ultimi otto anni
Mentre la ripresa economica si fa di giorno in giorno più consistente con una crescita del PIL annuale valutata attorno al 1,3%-1,5%, cominciano ad emergere i conti dei morti e feriti degli ultimi otto anni. Li fa con crudezza e realismo il sempre attivo Centro Studi della CGIA di Mestre che sottolinea come la caduta delle imprese artigiane e commerciali sia continuata anche negli ultimi 12 mesi.
Negli ultimi 8 anni sono state perse quasi 158.000 imprese attive tra botteghe artigiane e piccoli negozi di vicinato. In dettaglio: 145 mila artigiani e poco più di 12 mila negozi. In questa caduta rovinosa sono stati trascinati 400 mila dipendenti che hanno perso il lavoro.
Tra le cause della morìa, denuncia il coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA Paolo Zabeo la crisi, il calo dei consumi, le tasse, la burocrazia, la mancanza di credito e l’impennata del costo degli affitti. A ciò occorre aggiungere le politiche commerciali della grande distribuzione che si sono fatte sempre più mirate ed aggressive sottraendo quote di mercato a rivenditori e produttori.
Le categorie artigiane che dal 2009 hanno subito le contrazioni più importanti sono state quelle degli autotrasportatori (-30 per cento), i falegnami (-27,7 per cento), gli edili (-27,6 per cento) e i produttori di mobili (-23,8 per cento). I dati elaborati dalla CGIA non evidenziano le aziende produttrici di serramenti in metallo e in pvc che potrebbero essere inserite tra le imprese di finitura piuttosto che tra quelle metalmeccaniche o, forse anche, i costruttori di opere.
In contro tendenza, invece, il numero di parrucchieri ed estetisti (+2,4 per cento), gli alimentaristi (+2,8 per cento), i taxisti/autonoleggiatori (+6,6 per cento), le gelaterie/pasticcerie/take away (+16,6 per cento), i designer (+44,8 per cento) e i riparatori/manutentori/installatori di macchine (+58 per cento).
Per Renato Mason, segretario della CGIA, occorre non solo rilanciare crescita e occupazione ma anche recuperare “la svalutazione culturale che ha subito in questi ultimi decenni il lavoro artigiano”.
Qualcosa cambia anche a livello politico ma non basta. Sempre Mason: “Anche se bisogna evidenziare che attraverso le riforme della scuola avvenute in questi ultimi anni, il nuovo Testo unico sull’apprendistato del 2011 e le novità introdotte con il Jobs act, sono stati realizzati dei passi importanti verso la giusta direzione, ma tutto ciò non è stato ancora sufficiente per invertire la tendenza”.
Infine, la nota della CGIA si conclude con un messaggio allo stesso mondo artigianale che “con l’avvento della rivoluzione digitale subirà dei cambiamenti epocali. Una prospettiva assolutamente da perseguire, perché potrebbe aprire tante nuove opportunità di lavoro a migliaia e migliaia di giovani”. Un chiaro invito a darsi una mossa verso il mondo nuovo che è già tra di noi.
(eb)
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