Attualità

La durabilità del legno – VOL. II

Come abbiamo visto nel precedente articolo è importante saper scegliere il giusto legno in base alle condizioni di utilizzo. Ma è giusto, anche, tenere in considerazione la durabilità delle specie legnose valutando gli attacchi esterni e biologici

Confartigianato è la più grande rete europea di rappresentanza degli interessi e di erogazione di servizi all’artigianato e alle piccole imprese. Nata nel 1946, Confartigianato accompagna l’evoluzione di aziende nelle quali convivono la tradizione di mestieri antichi e l’innovazione di attività che utilizzano tecnologie d’avanguardia. Samuele Brogio, di Confartigianato Legno, nostro Guest Editor del mese di dicembre continua a parlarci della durabilità del legno nel suo secondo intervento.

A seguito del precedente articolo dedicato alla disamina della EN 335, che definisce le classi di esposizione dei manufatti a base di legno, passiamo ora a esaminare la norma “sorella” EN 350:2016 che fornisce indicazioni relative alla durabilità delle specie legnose a fronte dei cosiddetti “attacchi biologici”, ossia quegli attacchi portati al materiale legno da quegli organismi viventi che ne causano la disgregazione. Inizialmente la norma definisce quali siano gli attacchi biologici presi in considerazione nel documento, ossia:

  • attacchi portati da funghi lignivori (basidiomiceti e funghi della carie soffice)
  • coleotteri in grado di attaccare il legno secco
  • termiti
  • organismi marini

All’atto pratico l’attacco biologico più comune portato al legno alle nostre latitudini ai manufatti di nostra competenza, ossia i serramenti, risulta essere quello relativo ai funghi lignivori, in quanto attacchi da parte di coleotteri e di termiti risultano estremamente rari, mentre gli attacchi portati dagli organismi marini coinvolgono solo i manufatti che durante la loro vita operativa rimangono immersi per lungo tempo in acqua di mare cosa che evidentemente non accade ai serramenti. Non sfuggirà al lettore che tra gli attacchi considerati dalla norma non compaiono quelli portati dai funghi cosiddetti “dell’azzurramento”, generalmente facenti parte della famiglia degli ascomiceti; ciò è dovuto al fatto che di per sé tali famiglie di funghi non causano la disgregazione del legno ma si limitano a variarne il colore, con un effetto esteticamente sgradevole ma senza creare danni reali alla sua struttura. È peraltro vero però che sovente attacchi fungini portati da funghi della famiglia degli ascomiceti, per quanto si limitino a variare il colore del legno, possono essere di aiuto a futuri attacchi portati dai ben più pericolosi basidiomiceti; ciò rende quantomeno discutibile la prassi di utilizzare, per ragioni economiche legate al suo minor valore di mercato, legno già azzurrato per la produzione di serramenti laccati, in quanto manufatti prodotti utilizzando legname già infestato dai funghi dell’azzurramento potrebbero facilmente essere meno resistenti alla penetrazione dei basidiomiceti. La norma contiene una serie di prescrizioni necessarie a coloro che debbano eseguire prove di durabilità su una partita di legname e definirne una classificazione, prescrizioni che francamente sono di ben poco interesse per serramentisti e falegnami in genere in quanto tali prove sono attività che solitamente interessano o gli organismi di prova, o enti di ricerca oppure al limite soggetti che desiderino immettere sul mercato specie legnose nuove aventi durabilità non ancora nota. Per mera curiosità si tenga presente che, in estrema sintesi e semplificando al massimo, i metodi di prova per la classificazione della durabilità agli attacchi fungini si basano su specifiche norme che prevedono di sottoporre una quantità significativa di campioni di legno ad attacco fungino in condizioni predeterminate, attacco che potrà essere effettuato sia in laboratorio che in uno specifico campo di prova sottoposto a controllo. Per il normale utilizzatore, che ben difficilmente sarà chiamato a definire le procedure di una campagna di test sulla durabilità, non è necessario conoscere le esatte modalità di prova e di classificazione, che sono e rimangono materia per specialisti; anche per il normale utilizzatore è però necessario conoscere alcune regole di base, utili a leggere correttamente eventuali tabelle di norma e/o certificazioni di durabilità, e sarà quindi il caso di quantomeno accennare il contenuto di questa parte di norma.

Anzitutto è necessario sapere che la norma, dal punto di vista della durabilità dei legni, identifica cinque classi di durabilità, ossia:

  • DC 1 → molto durabile
  • DC 2 → durabile
  • DC 3 → moderatamente durabile
  • DC 4 → poco durabile
  • DC 5 → non durabile

Semplificando al massimo si può dire che la classificazione, avviene tenendo conto:

  • della perdita di massa media del gruppo di campioni determinata dall’attacco fungino espressa in percentuale
  • della distribuzione percentuale dei campioni all’interno delle singole classi, distribuzione che viene definita valutando la perdita di massa del singolo campione a seguito dell’attacco fungino

Per ogni singola classe di durabilità viene dato un limite minimo e un limite massimo di perdita di massa (per esempio per la classe DC2 la perdita di massa ammessa è compresa tra il 5% e il 10%) e qualora i valori di tale perdita siano compresi in detto range la partita di campioni (o il singolo campione) viene classificata nella classe correlata.

Correlando tra loro la classificazione derivante dalla perdita di massa media con la distribuzione percentuale dei campioni all’interno delle classi di riferimento, la specie legnosa sottoposta a prova potrà essere classificata in differenti maniere:

  • con una sola classe (per esempio DC1) qualora la stragrande maggioranza dei campioni si classifichino in questa classe lasciando praticamente deserte le altre classi
  • con due classi (per esempio DC 4-5) qualora in ciascuna di queste due classi siano presenti almeno il 40% dei campioni cadauna (il 46% in classe 4 e il 40% in classe 5)
  • con una classe seguita dal suffisso “v” (per esempio DC2v) qualora i campioni si classifichino in maniera più o meno costante in più di due classi (il 23% in classe 1, il 33% in classe 2 e il 24% in classe 3), in questo caso il numero della classe (DC2) è dato dalla classificazione della perdita di massa media

 

La norma prosegue a definire metodi di prova e di classificazione relativi sia agli attacchi portati sia da coleotteri sia da termiti sia infine da organismi marini. Per mera conoscenza, data la rarità di tali attacchi nel nostro contesto operativo si sappia che le classificazioni sono così strutturate:

Per gli attacchi da coleotteri due classi di durabilità

  • DC D → durabile
  • DC S → non durabile

Per gli attacchi da termiti tre classi di durabilità

  • DC D → durabile
  • DC M → moderatamente durabile
  • DC S → non durabile

Per gli attacchi da organismi marini tre classi di durabilità 

  • DC D → durabile
  • DC M → moderatamente durabile
  • DC S → non durabile

 

Molto più importante per gli operatori del settore però risulta essere la parte “Appendici”, e nello specifico l’Appendice B che nelle sue varie parti riporta:

  • Prospetto B.1 → classificazione di durabilità per le conifere
  • Prospetto B.2 → classificazione di durabilità per le latifoglie temperate
  • Prospetto B.3 → classificazione di durabilità per le latifoglie tropicali
  • Prospetto B.4 → classificazione di durabilità per legni che commercialmente vengono venduti in un raggruppamento commerciale pur appartenendo a specie legnose differenti (per esempio “legni europei bianchi” che comprende Abeti e Pini)

Nell’Appendice B vengono inoltre definite alcune classificazioni che non fanno parte del testo della norma ossia:

Larghezza dell’alburno classificata in

  • ms → molto piccolo (sotto i 2 cm)
  • s → piccolo (compreso tra i 2 cm e i 5 cm)
  • m → medio (compreso tra 5 cm e 10 cm)
  • a → ampio (oltre i 10 cm)
  • x → alburno non differenziato dal durame
  • (x) → alburno in genere non differenziato dal durame (differenziazione però possibile in certi casi

Impregnabilità classificata in:

  • 1 → facilmente impregnabile
  • 2 → moderatamente impregnabile
  • 3 → difficilmente impregnabile
  • 4 → molto difficile da impregnare

Per entrambe le caratteristiche di cui sopra sono poi possibili le seguenti classificazioni:

  • v → estremamente variabile (ossia non possibile da classificare data la differenza di valore tra differenti campioni)
  • n/d → dati disponibili insufficienti

 

Questa appendice è fondamentale nell’uso comune in quanto, pur non fornendo dati assoluti tali da poter prevedere la durata della vita utile del manufatto e/o del materiale, permette, tenendo conto delle classi di esposizione del manufatto definite dalla EN 335, sia di comparare tra di loro i vari legni dal punto di vista della durabilità biologica sia di valutare, anche se empiricamente, l’idoneità a uno specifico uso di una particolare specie legnosa. Nella consultazione di tali tabelle è necessario tenere presente che i nomi dati alle varie specie legnose non sono sempre quelli che siamo abituati a sentire sul mercato, nomi a volte derivanti da consuetudini locali o da “sprazzi di fantasia” di un particolare importatore/rivenditore. Nell’Appendice B, infatti, per ogni singolo legno sono riportati:

  • il nome ufficiale dato alla specifica specie legnose per mezzo della norma UNI EN 13556
  • il codice identificativo attribuito alla specie legnosa sempre per mezzo della UNI EN 13556
  • il nome botanico della specie arborea dalla quale si ricava la specifica specie legnosa

 

Nei prospetti di cui ad Appendice B sono quindi riportati, per ogni singola specie:

  • un numero di riferimento progressivo, che però è specifico per la UNI EN 350 e non corrisponde a quello riportato sulla UNI EN 13556; è da notare il fatto che la UNI EN 350 riporta per prime le conifere, che invece nella UNI EN 13556 sono trattate nell’ultimo prospetto
  • il nome scientifico della specie botanica (per esempio per l’Abete rosso “Picea abies”)
  • il codice di riferimento di cui a UNI EN 13556 (per l’Abete rosso “PCAB”)
  • il nome comune di cui a UNI EN 13556; su questo punto devo notare con molto dispiacere che, a differenza di quanto accade nella UNI EN 13556 nella quale sono riportati anche i nomi comuni in lingua italiana, nella UNI EN 350 sono presenti solo il nome in inglese (lingua di riferimento dell’Unione Europea), quello in francese e quello in tedesco
  • la zona di provenienza originaria della specie botanica (continente, per l’Abete rosso “Europa”)
  • la massa volumica in Kg/mc al 12% di umidità; per tale parametro sono presenti tre valori, ossia valore minimo, valore mediamente riscontrato, valore massimo (per l’Abete rosso 440-460-470)
  • la durabilità del durame nei confronti degli attacchi portati da:
  • funghi; qualora sia presente oltre alla classificazione derivante da prove in laboratorio o in campo aperto relative alla situazione interrata anche quella derivante dalle prove in laboratorio specifiche per basidiomiceti, la seconda verrà indicata tra parentesi (per l’Abete rosso la prima classificazione è “4” mentre quella specifica per basidiomiceti è “4-5”)
  • coleotteri genere “Hylotrupes” (per l’Abete rosso è “S” ossia non durabile)
  • coleotteri genere “Anobium” (per l’Abete rosso è “S”)
  • termiti (per l’Abete rosso è “S”)
  • impregnabilità
  • del durame (per l’Abete rosso è “3-4”)
  • dell’alburno (per l’Abete rosso è “3v” ossia variabile)
  • larghezza dell’alburno (per l’Abete rosso è “x” ossia indifferenziato)

 

Ora, contestualizzando la cosa in base agli esempi fatti nel precedente articolo, si può concludere che:

  • un serramento interno avente entrambe le facce poste su vani con umidità controllata (porte interne, porte su vani scala anche non riscaldati ecc…) si troverà in Classe di utilizzo 1  → per produrlo si potranno utilizzare tutte le specie legnose, anche se aventi classe di durabilità 5; non sarà necessaria alcuna protezione per mezzo di preservanti
  • un serramento esterno completamente protetto ma esposto all’esterno (p.es posto sotto un porticato) si troverà in Classe di utilizzo 2 → le specie legnose classificate in classe di durabilità 5 saranno possibilmente da evitare; per tutte le altre specie legnose, soprattutto quelle aventi durabilità in classe 4, sarà opportuna la protezione tramite preservante
  • un serramento esterno posto in posizione “normale” o un oscurante (antone, persiana) installato “a sporgere”, ossia posto all’interno di un vano murario di normale profondità (per esempio se installato “a centro muro” o “a filo interno”) si troverà in Classe di utilizzo 3.1 → le specie legnose classificate in classe di durabilità 5 saranno assolutamente da evitare; per tutte le altre specie legnose aventi durabilità in classe 4 sarà indispensabile la protezione tramite preservante, protezione necessaria anche per le specie legnose in classe 3
  • un serramento esterno o un oscurante posto a filo esterno facciata si troverà in Classe di utilizzo 3.2 → le specie legnose classificate in classe di durabilità 5 saranno assolutamente da evitare; per tutte le altre specie legnose aventi durabilità in classe superiore al 2 (ossia 3 e 4) sarà indispensabile la protezione tramite preservante

 

Leggi il primo intervento