Attualità

Ecobonus e virtuosità energetica nel Trentino. Interviene un Falegname

Perché l’agevolazione fiscale per il risparmio energetico in provincia di Trento funziona così bene al punto i cittadini di questa provincia sono primi in Italia nel ricorso pro capite agli incentivi per la riqualificazione energetica

Perché in provincia di Trento l’ecobonus funziona così bene al punto i cittadini di questa provincia sono primi in Italia nel ricorso pro capite agli incentivi per la riqualificazione energetica? Questa domanda se la sono posta molti lettori incuriositi dalla virtuosità energetica dei Trentini leggendo l’articolo pubblicato ieri (clicca qui). Ma c’è qualcosa di più ed è l’intelligente politica di incentivi per la ristrutturazione della casa e la riqualificazione energetica che va sotto il nome di “Anticipazione delle detrazioni fiscali relative ad interventi di ristrutturazioni e di riqualificazione energetica” (clicca qui). Per ottenere il contributo provinciale occorre sostenere spese per almeno 20.000 euro e stipulare un contratto di mutuo per almeno 10.000 euro.

Qui interviene un operatore del settore serramenti – è un falegname con la F maiuscola – che desidera rimanere anonimo per tante ragioni e che ci offre delle informazioni utili in merito alla politica energetica del Trentino, le sue considerazioni in merito e una proposta che condividiamo totalmente

(eb)


Caro Direttore,

Ho letto l’articolo relativo alla virtuosità della provincia di Trento in relazione agli ecobonus, ma se le informazioni in mio possesso non sono drammaticamente errate penso ci sia una spiegazione non proprio “di mercato” nel senso liberista del termine.

Se le cose stanno come mi fu raccontato poco tempo fa da un mio amico e collega che lì risiede, e per sua fortuna vi lavora, l’accesso all’ecobonus in quel di Trento funziona all’incirca così:

– Il cittadino spende per riqualificare energeticamente

– Aderendo ad un accordo con la Provincia una banca convenzionata gli anticipa l’equivalente della detrazione IRPEF, così il cittadino ottiene in pratica il suo vantaggio economico da subito e non in 10 anni

– Il cittadino restituisce alla banca il denaro anticipato con comode rate annuali per un decennio (esattamente con la stessa scadenza della rata del rimborso IRPEF)

– E gli interessi??? Li mette la Provincia autonoma così il cittadino non ci rimette nulla della sua percentuale di sgravio

Ora dalle mie parti, con antica saggezza contadina, si dice che “così fa latte anche il toro”.

Bellissimo esempio

Intendiamoci, non sto criticando la provincia di Trento, che a mio avviso sta rappresentando un bellissimo esempio di teoria keynesiana applicata all’incentivazione della riqualificazione energetica del patrimonio edilizio privato da un lato ed allo stimolo ad un’attività eminentemente locale quale è l’edilizia dall’altro

Sto solo lamentando che tale pratica non sia seguita in tutta Italia, in special modo (magari) dalle città situate nelle zone aderenti all’accordo di bacino padano per la qualità dell’aria, nelle quali invece di incentivare l’efficientamento dell’obsoleto patrimonio edilizio cittadino non si trova nulla di meglio da fare per tentare di ridurre le PM10 che bloccare il traffico a veicoli tutto sommato moderni e poco inquinanti tipo i Diesel Euro 5.

PM10 e gli inquinanti

Ora mi pare evidente che se le PM10 e gli inquinanti in genere salgono a valori inaccettabili in inverno e non in estate ciò sia probabilmente dovuto ad un fattore che in estate non c’è, ossia per logica il riscaldamento domestico, degli uffici, degli stabilimenti ecc…. Oltre a ciò pare ormai incontrovertibile che una parte considerevole delle emissioni riscontrate in città derivi dai riscaldamenti, parte oltretutto rimasta quantitativamente sostanzialmente stabile negli anni a differenza di quella derivante da trasporto che è indiscutibilmente calata con l’introduzione dei nuovi modelli rispondenti alle recenti normative.

Punta sull’efficienza degli edifici

Dato quindi che il combustibile meno inquinante è quello che non si consuma, la logica vorrebbe che si agisca con molta decisione sull’efficienza degli edifici, che sono per buona parte ancora definibili come “Euro -1”, per ridurre i consumi di prodotti energetici per riscaldamento e quindi le relative emissioni.

Per cui, posto che se è facile fermare per qualche giorno o anche per sempre la circolazione di una tipologia di autoveicoli  è altrettanto “difficile “ se non impossibile decidere la messa in stato di non agibilità con relativo sgombero ed abbattimento di tutti gli edifici non rispondenti ad una specifica classe energetica (che so, dalla E in giù, e sono tanti), dato che così facendo magari si abbasserebbe drasticamente il livello di PM10 per trovarsi però di fronte al problema relativo al ricovero delle masse di sfollati, l’unica via per tagliare le emissioni derivanti da riscaldamento degli edifici sembra proprio essere quella di rendere appetibili gli interventi di riqualificazione.

Concludendo, dato che è ormai evidente come un Ecobonus spalmato su 10 anni non sia poi così appetibile mentre pare vi sia in Italia almeno un’amministrazione locale illuminata che ha sperimentato con successo e senza fallire la via dello stimolo diretto all’intervento, perché non si prova a seguire questa strada?

Lo si potrebbe fare almeno nelle aree più “sensibili”, sempre ammesso logicamente che si voglia veramente migliorare la qualità dell’aria (oltre ad incrementare l’occupazione, ridurre l’importazione di combustibili ed energia dall’estero ecc.. ecc…ecc….) e non solo trovare un nuovo e più efficace metodo per rastrellare fondi da multe e sanzioni??

Un Falegname