Luci e ombre sul mercato delle facciate continue nel Rapporto Unicmi. Una crescita che ha visto aziende buttarsi sull’export senza averne le adeguate caratteristiche e per questo entrare in sofferenza finanziaria.
Il mercato italiano delle facciate continue conferma un’inversione di tendenza (+8% dal 2014) che è in parte legata ad una ripresa degli investimenti nelle costruzioni non residenziali, in particolare quelle destinate al terziario e quelle pubbliche.
Lo dice il rapporto dell’Ufficio Studi Unicmi presentato negli scorsi giorni (vedi news). I costruttori italiani di facciate continue sono aziende di medie e grandi dimensioni (16 milioni di euro di ricavi medi, circa 40 aziende) che adottano un modello di business specializzato e realizzano oltre il 80% dei ricavi con le facciate continue.
“Noi abbiamo ipotizzato – ha sottolineato il prof. Carmine Garzia presentando il rapporto – tassi di crescita intorno al 5% per i prossimi due anni per il settore delle facciate che sale sopra la soglia del mezzo miliardo di euro in valore. Un valore che mette insieme sia i grandi valori sia i piccoli interventi, come le piccole facciate che si inseriscono all’interno di interventi più complessi sia il recladding delle facciate. Questi valori li ricaviamo anche incrociandoli coi dati che abbiamo di consumo di profili per facciate che ci danno i gammisti in forma anonima. Questo è un classico esempio di come si possa fare sistema utilizzando dati in forma assolutamente anonima. Ormai abbiano in linea 8 anni ogni trimestre cosa vendono in termini di valore e di peso e questi gammisti che partecipano alla rilevazione rappresentano circa il 75% del mercato. I nostri grafici risultano dall’incrocio quindi tanti dati che riguardano i bilanci, il dichiarato in forma anonima i dati Istat”.
I costruttori di facciate operano prevalentemente nel segmento delle nuove costruzioni non residenziali, infatti realizzano nel segmento terziario oltre il 57% dei ricavi, e in quello delle costruzioni commerciali circa l’11,4% dei ricavi e lavorano prevalentemente per clienti di grandi dimensioni (64% delle vendite).
Un contributo rilevante ai ricavi delle aziende proviene anche dai lavori di recladding, ovvero di sostituzione delle facciate continue esistenti che incide, secondo le nostre stime, per circa il 15% sul totale del mercato delle facciate e vale poco meno di 80 milioni di euro
I costruttori di facciate hanno una presenza consolidata sui mercati esteri, in particolare in Europa, Stati Uniti, Medio Oriente. Fino al 2014 si assiste ad un trend di forte crescita dell’export che subisce una contrazione nel biennio 2015 e 2016 anche per effetto di una moderata ripresa del mercato interno che ha spinto le aziende a concentrarsi sulla domanda domestica, per non perdere opportunità di business.
Tuttavia, i principali produttori di facciate hanno continuato ad acquisire commesse sul mercato internazionale come si evidenzia dai dati.
“Un altro dato interessante – ha proseguito Garzia – per il mondo delle facciate ovvero la crescita della quota di export passato da un 31% del 2018 ad un 47% di quota nel 2017. Questo mostra come le aziende del settore hanno reagito alla crisi in Italia ovvero con un’impennata della quota dell’export. I facciatisti italiani sono il classico esempio di aziende di grandi dimensioni che non hanno adeguato spesso le strutture manageriali e questo spiega una serie di crisi note nel settore allorché le aziende si “buttano” sull’export da qui i dissesti e i fallimenti perché l’export va affrontato con le conoscenze del caso e le capacità. Il settore delle facciate in Italia è oggi un settore che se lo guardi semplicemente coi numeri vedi una crescita e dici che bello ma in realtà se guardi i dati di bilancio e gli indebitamenti mostra fatica a rigenerarsi con un vantaggio ovvero che c’è all’estero un mercato che cresce. Una situazione strana che vede il mercato crescere e dall’altra parte aziende che non sono più in grado di operare per dissesto finanziario e la causa di tutto questo è stata spesso la “bulimia” di andare all’’estero”.
Permane quindi una situazione di crisi per i costruttori di facciate con una costante diminuzione della marginalità. Il comparto è stato penalizzato dal fallimento di alcune grandi aziende che hanno contribuito al decremento della marginalità commerciale. Inoltre, le performance risentono delle scelte d’internazionalizzazione di alcune aziende che hanno accettando prezzi molto bassi pur di assicurarsi commesse di grandi dimensioni sui mercati esteri, che in molti casi, hanno avuto difficoltà a gestire generando perdite operative.
Un dato positivo però resta è quello del crescere delle commesse un dato che da molti anno non si vedeva così positivo e che fa ben sperare.
Condividi l'articolo
Scegli su quale Social Network vuoi condividere