Al contest organizzato dal produttore di finestre da tetto Fakro, che verteva quest’anno sull’evocativo tema “Atelier for the Future – New Space for New Visions”, hanno preso parte architetti provenienti da oltre 20 paesi nel mondo. Terzo premio per un team italiano.
In collaborazione con A10 Magazine for European Architechture il Gruppo Fakro ha organizzato il concorso internazionale di design New Vision of the Loft 3, incentrato sull’interessante tema “Atelier for the Future – New Space for New Visions”.
Rivolto ad architetti ed interior designer di tutto il mondo, il concorso ha visto la partecipazione di progettisti di oltre 20 diversi paesi, tra cui Australia, Iran, Germania, Polonia, Grecia, Italia, Ucraina, Serbia e Portogallo, solo per citarne alcuni. Nei 60 progetti pervenuti, i vari architetti si sono cimentati nella progettazione di un atelier quale spazio di lavoro funzionale ed innovativo, nonché tale da stimolare visioni creative, garantendo le condizioni ideali perché artisti e architetti possano finalizzare al meglio le loro idee.
Nella progettazione di tale Atelier, ai partecipanti è stato chiesto di utilizzare almeno tre prodotti Fakro. A valutare le numerose proposte è stata una giuria internazionale, composita di nomi noti ed apprezzati nel mondo dell’architettura: Indira van’t Klooster, direttore di A10, Ethel Baraona Pohl, critico di architettura, e Sabina Sujew, Fakro export manager (nella foto a destra).
Dopo un’attenta valutazione, che si è rivelata assai ostica per l’elevato livello dei lavori inviati, la giuria ha decretato i tre vincitori: I posto, Katarzyna Furgalinska and Michal Lisinski (Polonia), col progetto “Venus of Garage” (foto in apertura); II posto, Aristide Antonas-Antonakakis (Grecia), col progetto “The Florizel building”; III posto, Fabio Damiani, Daniele Cremaschi, Marco Quistini, Silvia Pezzetti (Italia), col progetto “Light Box”. La giuria ha segnalato inoltre i progetti: “An Underground Atelier”, (Colombia); “Arterier”, (Polonia); “Inspirational Workspace Unit” (Germania); “Solitude – a place that doesn’t exist” (Polonia).
“Quando valuta i progetti di un contest – ha detto Sabina Sujew – la giuria prende in considerazione la creatività dell’architetto, la cura dei dettagli, il messaggio, il lirismo e gli aspetti sociali. Dopo una difficile selezione, abbiamo premiato il progetto più fattibile, in quanto realizzabile in qualsiasi posto del mondo in cui ci siano garage. I progetti che abbiamo valutato mostrano che gli architetti, uscendo dalle soluzioni architettoniche standard, iniziano a prestare grande attenzione agli aspetti sociali”.
Il concorso internazionale di design New Vision of the Loft 3 ha assegnato la “medaglia di bronzo” proprio a un team di architetti italiani – Fabio Damiani, Daniele Cremaschi, Marco Quistini e Silvia Pezzetti – che si sono distinti grazie all’apprezzato progetto Light Box (foto a sinistra).
“Contesti urbani sempre più saturi – ha spiegato Fabio Damiani – ci spingono oggi ad intervenire su luoghi esistenti che, persa la propria funzione originaria, possono essere sottratti al degrado attraverso un progetto di riutilizzo e valorizzazione del potenziale esistente. Con questa premessa, Light Box si pone come obiettivo la rivalutazione di piattaforme petrolifere dismesse; da strutture inquinanti ad innovativi spazi dedicati all’arte e alla cultura, promotori di incontri in cui la creatività diventa protagonista.”
Light Box si compone di un volume prismatico ermetico in cui la distribuzione funzionale degli spazi si relaziona con coerenza alla struttura dell’impianto di estrazione. Il volume totale si divide in tre macro livelli: il corpo emerso dove sono collocati gli atelier degli artisti e gli spazi espositivi aperti al pubblico (upper ateliers), i vani tecnici in corrispondenza dello spessore del deck (technical area) e il volume sommerso in cui si collocano le residenze e, ancora più in profondità, gli originali laboratori creativi di ricerca (lower ateliers).
“Fulcro del progetto – ha proseguito l’architetto – è il volume emerso “the Light Box” la cui forma si ispira all’ipercubo. La copertura completamente vetrata, composta da differenti moduli Fakro apribili, fissi e a balconcino, assicura un grande apporto di luce naturale all’interno del volume contribuendo a innalzare il livello di benessere nello spazio degli ateliers e favorendo, insieme alla disposizione spaziale delle aree espositive e delle passerelle, il dialogo tra i creativi. Ogni modulo può essere completamente oscurato così da garantire a tutti gli orari della giornata di poter disporre della luce necessaria e consentire ogni sorta di performance artistica. Il contatto diretto con il cielo infine contribuisce a dare vita a un microcosmo etereo contaminato/animato esclusivamente dalla creatività di chi questo spazio lo vive, plasmandolo.”
Il progetto (ci sono tre immagini e dettagli in gallery) si denota come un’esclusiva isola di sostenibilità culturale ed energetica, alimentata da fonti di energia rinnovabili la cui combinazione rende il sistema completamente autosufficiente e ecologicamente sostenibile.
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