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Incendio alla Grenfell Tower di Londra. I progettisti di CNI: “Ci vuole il fascicolo del fabbricato”

Il drammatico episodio pone a progettisti, imprese, applicatori e industria numerose domande a cominciare dalle modalità di progettazione e costruzione

L’incendio della Grenfell Tower a Londra che ha causato un’ottantina di morti pone drammatici interrogativi a tutta la filiera dell’edilizia a cominciare dalle modalità di progettazione e costruzione, dalle sicurezze antincendio in edifici a torre, dall’impiego di materiali ad elevata combustibilità, dai controlli sul costruito, dalle modalità di affidamento delle opere e di scelta di materiali e componenti a una filiera molto frammentata.
 
 
Le cause (per ora)
Pare che il tutto sia scaturito dal difetto di un frigorifero situato in un appartamento al quarto piano che ha preso fuoco. L’incendio si è diffuso al rivestimento esterno dell’edificio, che era stato sottoposto recentemente a riqualificazione, e da qui ha avvolto a torcia l’intero complesso di 24 piani. Tra le cause del disastro il dito viene puntato in modo particolare sul tipo di rivestimento che consiste strati di diversi materiali: l’isolamento in Celotex FR5000 da 150 mm fissato al cemento armato della costruzione, quindi una intercapedine d’aria da 50 mm e il rivestimento esterno di 3 mm di spessore in pannelli compositi in alluminio PE, con un core interno in PE-polietilene.
 
Ricostruendo le cause della tragedia il The architect’s journal del 20 giugno evidenzia che “Rainscreen cladding panels can come with either a polyethylene core or a slightly more expensive, honeycombed mineral core, which is more fire-resistant”. Ovvero che i pannelli compositi in Reynobond dovevano essere forniti nella versione FR-Fire Retardant contenente un nucleo minerale, leggermente più caro ma in grado di ritardare più efficacemente il fuoco. Lo stesso Journal, citando il quotidiano The Guardian, afferma che “il team di costruzione” preferì il pannello meno caro ma più infiammabile che negli Usa è proibito negli edifici più alti di 12 metri. E’ proibito anche nella stessa Gran Bretagna negli edifici alti più di 18 metri. Ma per le conclusioni definitive attendiamo i risultati dell’inchiesta ufficiale.
 
Gli ingegneri del CNI
Sulla tragedia interviene con una nota il CNI-Consiglio Nazionale degli Ingegneri che evidenzia: “Col passare dei giorni appare sempre più evidente come la tragedia di Londra sia da attribuire alla tipologia dei pannelli utilizzati per la ristrutturazione della facciata nonché, come innesco, ad una problematica  connessa all’adeguatezza dell’impianto elettrico e degli elettrodomestici allo stesso collegati. La pannellatura esterna messa in opera per la ristrutturazione prevedeva l’utilizzo di materiali facilmente combustibili, in particolare isolanti come il polistirolo, unitamente ad un rivestimento in alluminio, che hanno determinato un facile innesco dell’incendio. Inoltre la veloce diffusione dello stesso è stata sicuramente accelerata dalla camera d’aria all’interno del pannello, che ha permesso la propagazione verticale dell’incendio. Verosimilmente anche lo spazio esistente tra la parete esterna ed il rivestimento ha favorito l’effetto “camino” che ha portato i fumi caldi, attraverso le finestre, ai piani superiori dell’edificio (l’incendio si è sviluppato al quarto piano)”.
 
NB: il polistirolo citato poco sopra è in realtà PE-polietilene inserito all'interno dei pannelli in alluminio Reynobond PE
 
Potrebbe succedere da noi? Il CNI nota che: “in Italia abbiamo dal 2013 una guida tecnica sui requisiti di sicurezza antincendio delle facciate degli edifici. Nel rispetto di tale prescrizione, la propagazione dell’incendio sarebbe stata molto più lenta ed avrebbe concesso molto più tempo a disposizione per l’esodo degli occupanti. In Italia gli edifici civili con altezza superiore a 24 metri sono soggetti al controllo da parte dei VVF con progetto a cura di un tecnico abilitato-professionista antincendio. Detto che per le nuove costruzioni e per gli edifici pubblici la normativa vigente italiana è tra le più severe d’Europa, lo stato del patrimonio edilizio privato esistente va tenuto costantemente sotto controllo. In questo senso, è necessario chiedersi come fare uno screening che consenta di sapere con esattezza come e in quali edifici intervenire e a chi possono affidarsi i cittadini”.
 
Il che fa ribadire al CNI la più volte richiesta dell’istituzione del ”fascicolo del fabbricato anche se da solo non risolverebbe il problema, rappresenterebbe il primo passo per poter conoscere lo stato di ciascun immobile e per capire se e come è necessario intervenire”.
 
L’opinione degli architetti
Per gli architetti italiani parla in un’intervista alla Repubblica Alessandro Marata, coordinatore del dipartimento Ambiente e sostenibilità del Consiglio nazionale degli architetti: “Sul singolo tipo di pannello non so rispondere ma è difficile che un fatto del genere possa accadere nel nostro Paese perché le normative anti-incendio e sulle via di fuga sono fra le più avanzate d'Europa ovviamente rimane da interrogarsi non tanto sull'”effetto camino”, pure favorito dall'intercapedine ventilata creata fra il rivestimento per l'isolamento energetico e i pannelli esterni che sono quelli sotto accusa, ma semmai su quello che definirei “effetto torcia”. Cioè sulla propagazione rapidissima non solo verso l'alto ma su tutte e quattro le facciate della torre”. 
Aggiunge Marata: “i materiali sono fondamentali ma lo sono altrettanto la progettazione e l'installazione, così come l'eventuale sostituzione – su questo, invece, gli scandali in Italia non si contano – dei materiali previsti dai capitolati d'appalto con “materiali equivalenti”.
(eb)