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Ingegneria del vetro, UNI 7697, sicurezza dei vetri e deontologia. Interviene Lardini

Sicurezza dei vetri in edilizia ma anche problema della sicurezza delle strutture vetrate, delle facciate continue, dei serramenti e delle chiusure più in generale. Temi perenni che meritano una crescente attenzione come dimostra il caso di Londra della finestra volata giù da 80 metri di altezza e che purtroppo ha ucciso un passante. Sulla sicurezza delle strutture vetrate interviene un noto esperto di vetro, l’arch. Mauro Lardini, che, tra le altre qualifiche, può vantare nel proprio curriculum di aver partecipato alla stesura della norma UNI 7697 sulla sicurezza dei vetri in edilizia. (eb)

NB: L’immagine di copertina, scelta dalla redazione, serve unicamente da supporto iconografico all’argomento trattato e non ha alcuna attinenza con i problemi citati nell’articolo


L’arch. Mauro Lardini

La prescrizione del vetro ha raggiunto un livello molto alto dal punto di vista tecnico, sia per la vastità di possibilità offerte dalle fabbriche, sia dalle applicazioni sempre più al limite richieste da architetti e designer. Quando però la consulenza progettuale di una vetrata dal punto di vista estetico, termico o acustico passa a considerare prestazioni di tipo strutturale la questione si complica.E soprattutto si complicheranno le conseguenze in caso di eventuali problemi.
La regola principale del progettista del vetro è che il vetro si può rompere. Pertanto, la prima domanda che questo si pone è: “Come posso evitare che il vetro, una volta rotto, possa ledere persone o animali o provocare danni?”.

Nel caso di applicazioni specifiche quali parapetti, travi, scale, coperture o pavimenti la recente UNI 7697 all’interno del prospetto 1 associa la sigla PR (che sta per Post Rottura).
Il significato della sigla PR indica la necessità di valutare la resistenza della vetrata ai carichi d’esercizio anche in condizione di post rottura ovvero vetro già rotto.
A titolo informativo e come minimo requisito, si invita il progettista ad utilizzare un vetro stratificato composto da almeno un vetro non temperato oppure nell’ipotesi di un vetro stratificato composto da due vetri temprati termicamente, la condizione che questi vengano laminati con un plastico rigido secondo EN 16613.

E’ evidente che quanto sopra descritto rappresenta la condizione necessaria, ma non sufficiente alla definizione della struttura vetrata finale, infatti, il capitolo successivo della norma, al paragrafo 9.3, nel trattare in modo specifico la progettazione, sottolinea che la scelta degli spessori debba tener conto di carichi e sovraccarichi, sistemi di fissaggio e resistenza residua post rottura, specifici della singola applicazione, eventualmente verificando attraverso prove l’effetto delle sollecitazioni sulle vetrate.

È necessario dunque considerare, per le applicazioni associate alla sigla PR secondo UNI 7697, la valutazione allo SLC (stato limite di collasso) che considera l’elemento vetrato almeno in parte frammentato.
Lo Stato limite di collasso deve considerare questa possibilità, verificando che la struttura residua alla rottura, ne garantisca la portanza nei confronti dei carichi d’esercizio. L’organismo strutturale deve quindi garantire un comportamento “fail safe”, con specifico riferimento a gerarchia, ridondanza di sistema e robustezza.L’esigenza di considerare lo SLC deriva dalla intrinseca fragilità del materiale vetro nonché dalla possibilità, ancorché remota, di rotture spontanee (inclusioni di nickel).
A tal proposito e in tutte e applicazioni in cui la rottura di vetro temprato possa generare pericolo per massa o ubicazione, la normativa invita a sottoporre i vetri a trattamento HST (heat soak test).

In generale, come ben descritto anche all’interno del DT210 CNR, il singolo elemento strutturale di vetro deve garantire la ridondanza di sezione, mai intesa come incremento dello spessore delle lastre, ma come incremento del numero di strati nel vetro laminato, considerando la presenza della lastra sacrificale che, in caso di rottura, non pregiudica le proprietà meccaniche dell’elemento vetrato.
Diventa pertanto un obbligo tecnico, deontologico e morale per il progettista in vetro prevedere sempre l’utilizzo di vetri stratificati composti da almeno tre lastre di vetro per garantire che anche la rottura di una di queste non minacci la pubblica incolumità.

Mauro Lardini, consulente settore Vetro e CTU del Tribunale