L’esperto ing. Giovanni Tisi denuncia: “Siamo di fronte a un convitato di pietra”. E sottolinea forse il più importante dei tanti punti sospesi della nuova normativa: un quadro certo dei prezzi di riferimento dei prodotti.
Quali massimali di prezzo applicare nei lavori da Superbonus 110%? L’ ing. Giovanni Tisi, esperto del settore serramenti, sottolinea in questo suo intervento uno dei tanti punti sospesi, forse il più importante: un quadro certo dei prezzi e dei massimali di riferimento dei prodotti. Una importante lacuna giuridica che sta rallentando la messa in pratica degli interventi e sta innescando polemiche tra i tecnici asseveratori. In mancanza di un chiarimento autorevole, “ogni interpretazione è oggi liberamente applicabile e sarà domani arbitrariamente contestabile”. La domanda coinvolge anche i lavori di riqualificazione energetica da ecobonus, laddove l’Allegato I del DM 6/10/2020 doveva far chiarezza ed ha invece ingenerato solo confusione. (EB)
Massimali da Superbonus ed ecobonus: il convitato di pietra
Nella generale, giustificata, euforia creata dalla proroga degli strumenti di incentivazione che riguardano l’edilizia nelle sue varie declinazioni e che tanto interessa il nostro comparto, rimane, a mio avviso un grosso ‘NON DETTO’, una importante lacuna informativa che sta rallentando la messa in pratica degli interventi e sta innescando polemiche tra i tecnici asseveratori, la cui opinione è poi in fondo l’unica ad avere voce in capitolo, perché loro è la responsabilità finale.
Una delle novità più importanti del DM 6/10/2020 è l’indicazione di un quadro di prezzi di riferimento entro i quali l’incentivazione è ammessa e al di fuori del quale l’eccedenza non può godere di incentivo. Sinora, dal lontano 1997, anno di nascita delle detrazioni fiscali per lavori di riqualificazione edilizia, l’incentivo era direttamente commisurato all’importo speso, fino a un massimale generale, ma senza alcun vincolo specifico unitario. Invece, il decreto introduce una doppia verifica che riguarda sia i massimali di spesa complessiva per intervento che i massimali specifici per prodotto.
Poco cambia che questi massimali specifici per prodotto derivino dal confronto con un prezzario opere pubbliche o dall’applicazione di una grezza tabella contenuta nell’Allegato I: il punto centrale rimane che non è più vero che qualsiasi spesa dia diritto all’incentivo nella sua pienezza.
Il dettato della norma è relativamente chiaro: negli interventi complessi un tecnico asseveratore farà le sue valutazioni, mentre negli interventi semplici chiunque potrà avvalersi della tabella e definire i limiti specifici entro i quali l’incentivazione è ammessa e al di fuori dei quali non lo è.
Quello che invece non è per nulla chiaro, ed è fonte di continue prese di posizione in uno o nell’altro senso, è LA MOTIVAZIONE di tali limiti, cioè la ragione per la quale il normatore ha inteso porre un vincolo che prima non esisteva.
I motivi per i quali si sono messi dei limiti possono essere sostanzialmente DUE.
Il primo è quello di impedire ingiustificati aumenti di prezzo; il secondo è quello di limitare l’intervento dello Stato alle sole spese che si ritengono necessarie.
È evidente che le due motivazioni sono diverse e sostanzialmente inconciliabili: da un lato l’Erario, che interviene a farsi completo carico della spesa, non vuole che vengano addebitati alla collettività costi irragionevoli per prodotti ordinari; nell’altro caso, lo Stato decide che, quale che sia la scelta libera di ciascun contribuente, il suo intervento si limiterà al minimo necessario a realizzare quella prestazione che si ritiene degna di incentivazione.
I massimali e gli asseveratori
Se l’interpretazione autentica è la prima, basta che il tecnico asseveri che per quella scelta del cliente finale il prezzo è corretto; se è la seconda, IN OGNI CASO, qualsiasi valutazione si dovrà fermare al massimale che viene indicato.
Questo è esattamente il ‘non detto’ nel quale i tecnici asseveratori stanno assumendo sostanzialmente tre posizioni che si possono così riassumere:
-la prudentissima (‘Oltre il prezzario DEI io non vado’)
-la possibilista (‘Quello che faccio in modo di non trovare nel prezziario lo valuto con i prezzi di mercato, fermo il fatto che resterò sotto gli indici ‘omnicomprensivi’ della tabella I)
-l’allegra (‘Tutto quello che non trovo corretto lo valuto ai prezzi di mercato, quali essi siano’)
Vale sottolineare che a tutti gli effetti, con quello che di ufficiale o ufficioso è stato detto e scritto, AD OGGI, ritengo che tutte e tre le posizioni siano ugualmente valide, proprio perché non è stato chiarito il motivo per cui sono stati introdotti i limiti.
Ma, al contrario, è altrettanto impossibile che per lo stesso intervento (che so, ad esempio un portoncino blindato), un tecnico riconosca al massimo 530 euro tutto compreso (DEI), l’altro 1300 euro più la posa (allegato I), il terzo 3000 perché giustificati da tre preventivi e l’ultimo che, trovandosi un rivestimento in foglia d’oro, analizza il costo e ne giustifica 20 mila.
Purtroppo, questo equivoco è insito nella legge stessa e ben difficilmente può essere chiarito da un organo tecnico (Agenzia delle Entrate o Enea che sia) perché riguarda l’impostazione stessa della legge e riguarda indistintamente tutti gli interventi Ecobonus, a qualunque percentuale di incentivazione possano accedere e a qualunque meccanismo di verifica di congruità debbano essere assoggettati.
A mio avviso è il legislatore stesso che deve esprimersi dicendo chiaramente se i limiti sono un meccanismo di sacrosanta tutela dalle truffe o se siamo scivolati senza saperlo in una repubblica giacobina nella quale se c’è qualcosa di meglio, di un po’ più alto… ebbene, si chini, si abbassi e rientri nella norma.
In mancanza di questa chiarezza d’intenti, ogni interpretazione è oggi liberamente applicabile e sarà domani arbitrariamente contestabile.
Ing. Giovanni Tisi, Studio Tisi
In alto: immagine da ilbolive.unipd.it
a cura di EB
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