Considerazioni del presidente di Confartigianato Legno nonché imprenditore del settore serramenti sull’evoluzione del mercato degli infissi e soprattutto su come uscire da una situazione nella quale il prodotto nazionale e/o di qualità rischia di essere perdente
.
Samuele Broglio, presidente di Confartigianato Legno nonché imprenditore del settore serramenti, normatore e perito, interviene prendendo spunto dal recente Rapporto 1_2105 sul mercato italiano dell’involucro edilizio: serramenti, facciate continue e sistemi ed accessori per serramenti e facciate a cura dell’Ufficio Studi Economici di Unicmi.
Ho visto su Guidafinestra il rapporto UNICMI sul mercato del serramento (vedi news).
In pratica, oltre ad altre cose, conferma su base scientifica alcune affermazioni che continuo a fare da anni, ossia:
-Il legno, come d’altronde tutti i materiali naturali impiegati nella produzione di oggetti, è destinato al mercato di fascia alta in quanto intrinsecamente più costoso. Questo è un dato di fatto comune a tutti i mercati in quanto un cashmere costa più di un acrilico, la pelle costa più della vinilpelle, l’ottone costa più della plastica ottonata ecc.. e quindi anche nel serramento ciò non deve assolutamente muovere a stupore.
-Nel settore serramenti la clientela nel creare il punto di equilibrio tra qualità e prezzo valuta la prima solo ed esclusivamente in rapporto al valore Uw e non in base ad altri parametri. E’ come se nell’acquistare un automobile si parametrasse il prezzo in base alla sola velocità di punta o all’accelerazione 0-100 tralasciando tutti gli altri fattori. E’ evidente che nel mercato dell’auto così non è in quanto nella valutazione vengono presi in considerazione altri parametri, per la maggior parte non tecnologici e numericamente quantificati ma spesso immateriali, cosa che crea un mercato molto più raffinato che dà molto spazio al prodotto di qualità e di prestigio.
Tenuto conto del fatto che i produttori nazionali, a prescindere dal materiale che lavorano, che lo vogliano o no stanno nella parte evoluta e quindi “costosa” del mondo, la seconda considerazione suona un po’come una campana a morto per tutti. Oramai infatti il valore di Uw è raggiungibile in tutto il mondo con gli stessi mezzi ormai disponibili a tutti, E’ evidente come in assenza di altri parametri di valutazione un serramento proveniente da nazioni fisiologicamente “low cost” sarà sempre considerato più appetibile rispetto ad uno di produzione nazionale. In questo quadro diventa molto difficile difendere il prodotto nazionale in quanto la battaglia del prezzo è evidentemente persa in partenza mentre per contro altre strategie di difesa praticate con discreto successo da altri settori, quale per esempio l’uso del “Made in Italy”, divengono poco efficaci data la tipologia dei fattori presi in considerazione dalla clientela in quanto il “Made in Italy”, che ci piaccia o no, è chiaramente un fattore immateriale, e se gli acquirenti tengono in considerazione più che altro l’Uw….
Sia chiaro, non dobbiamo dolerci della nostra sfortuna rispetto ad altri mercati o imprecare sulla sorte ria che ci perseguita, in quanto questa situazione è in buona parte responsabilità di noi produttori nazionali. Anni ed anni di marketing basato quasi tutto sul prezzo di vendita, nei quali sembrava che l’unica maniera per vendere un serramento fosse quella di farlo costare meno di quello prodotto dal proprio concorrente, hanno “educato” il consumatore finale a cercare prevalentemente l’offerta più conveniente e a valutare la convenienza più che altro in base al prezzo. Gli ultimi anni poi, contraddistinti dalle “Olimpiadi dell’Uw” hanno solo inserito nel mercato una componente tecnica la quale però è facilmente raggiungibile da tutti a prescindere dalla qualità intrinseca del prodotto (diciamoci la verità, un serramento ben costruito ed uno fatto letteralmente con i piedi, a fronte di un profilo con lo stesso Uf ed un vetro con lo stesso Ug hanno alla fine lo stesso Uw. Il valore di Uw è quindi, da solo, una discriminante qualitativa?? Ma non scherziamo!!).
Come si esce da questa situazione nella quale il prodotto nazionale e/o di qualità rischia di essere perdente a prescindere? A mio avviso solo ed unicamente inserendo nel mercato altri fattori di valutazione, possibilmente legati a qualità immateriali quali l’estetica del prodotto e/o il suo prestigio (il mercato dell’auto e quello dell’abbigliamento insegnano), che ci permettano di uscire dal circolo vizioso della mera valutazione Uw/costo. Certamente sarà un percorso lungo e difficile, ma se per più di vent’anni ci siamo impegnati, a mio avviso con energia e dedizione degne di miglior causa, a convincere il cliente del fatto che la principale discriminante tra due produttori sta nel prezzo di vendita dei loro prodotti possiamo anche, vista la posta in gioco, impegnarci per lo stesso tempo e con le stesse energie a cercare di configurare il mercato del nostro prodotto sulla falsa riga di quelli più evoluti.
Samuele Broglio, Confartigianato
Condividi l'articolo
Scegli su quale Social Network vuoi condividere