Normator interviene sulla Risoluzione del Parlamento EU

Normator, personaggio di settore e di spessore, interviene a gamba tesa sulla notizia della Risoluzione del Parlamento europeo. Una notizia che riguarda il Regolamento 305/2011, le norme armonizzate, la marcatura CE, il controllo del mercato. Tutti aspetti che gravano sulla testa dei serramentisti, dei rivenditori di porte e finestre e di tutte le categorie del mondo delle costruzioni. Normator interviene qui con un taglio dichiaratamente pessimistico, “venato di perplessità”, che non condividiamo. Saremo ingenui ma preferiamo vedere il bicchiere mezzo pieno. Semmai, il problema delle Associazioni e delle Federazioni europee  del mondo delle costruzioni è fare in modo che la Risoluzione del Parlamento EU trovi rapidamente applicazione concreta.

Infine, malvolentieri continuiamo a mantenere riservata l’identità di Normator. Svelarla potrebbe mettere in imbarazzo più di una Istituzione in Italia e a Bruxelles. Meglio così, ve lo assicuro. (EB)


Normator: il mio pensiero sul pantano del CPR

L’intricata matassa legata al CPR ed alle norme ad esso collegate si arricchisce di un altro filo, questa volta filato nientedimeno che dal Parlamento europeo.

Di questa matassa diamo un rapido riassunto, sicuramente non completo ed esaustivo causa mancanza di spazio e tempo (una precisa ricostruzione dell’”affaire CPR” richiederebbe una soap opera da alcune migliaia di puntate) ma almeno tale da permettere a coloro che non sono addentro ai lavori di darsi un’idea dell’immondo casino che si è ormai instaurato nei palazzi del potere comunitari, e che fa sì che mediamente al solo parlare di CPR e di relative norme si verifichi un fuggi fuggi degno delle migliori catastrofi della storia.

Allora:

Nel 2011

tutte le istituzioni comunitarie e nazionali (Commissione, Parlamento, Stati membri) hanno di comune accordo deciso entusisticamente di mandare in pensione la vecchia Direttiva 89/106 (detta CPD) con relativi documenti correlati, ormai considerati obsoleti, e di sostituirla con l’allora innovativo Regolamento 305/11 oggi in vigore detto CPR; forse nessuno si è accorto che il CPR era ed è più rigido della vecchia Direttiva, forse qualcuno ha sottovalutato le potenziali ripercusisoni, sia quel che sia è ormai chiaro dai risultati che l’entusiasmo di allora era degno di miglior causa.

Nell’Ottobre 2016

la Corte di Giustizia europea ha sentenziato in merito dell’ormai leggendario “James Eliot case”; nelle more di questo caso, nato nella nordica e frugale Irlanda tra una ditta di costruzioni (James Eliot Ltd) ed una ditta di calcestruzzi (Irish Asphalts) e poi approdato per contorte vie alla Corte di Giustizia europea, la suprema corte ha statuito tra le altre cose che le norme armonizzate non sono atti tecnici ma bensì “parte del diritto dell’Unione” e quindi leggi comunitarie con tutte le complessità che ciò comporta

La sentenza di cui sopra è esplosa come una bomba nei corridoi comunitari (io mi domando, e perché tanto stupore e sconcerto? Non era già chiaro in partenza che, essendo le Norme Armonizzate attuazione del CPR, il quale a sua volta è attuazione del TFUE, tali Norme Armonizzate ad esso collegate sono “documenti aventi valore di legge”???) devastando un quadro operativo legato all’armonizzazione delle norme. In pratica in passato funzionava così: la Commissione emette Mandato, il CEN scrive la Norma, la Commissione ammesso che la norma non sia una vera e propria ciofeca la armonizza. Tale quadro funzionava senza scossoni da anni permettendo la redazione ed armonizzazione di alcune centinaia di norme le quali, è necessario dirlo apertamente, mai hanno creato disastri in Europa, pur non essendo come tutte le umane realizzazioni la quintessenza della perfezione

Da allora il Diluvio e poi il pantano

Ad onta degli sforzi profusi dalle commissioni CEN per tentare di scrivere e riscrivere i testi normativi andando dietro alle molteplici ed a volte contraddittorie indicazioni provenienti dagli organi della Commissione, più nessuna norma è stata considerata degna di armonizzazione. Quindi tutte ormai giacciono abbandonate nei cassetti comunitari, e questo ad onta del fatto che spesso gli stessi funzionari della Commissione le abbiano definite “tecnicamente prodotti di buon livello”.

Questo è il pantano nel quale ci troviamo ora, e che a mio avviso fa sì che più di un funzionario della Commissione e/o del CEN sarebbe disposto a credere pure ad una sedicente Fata Turchina pur di far sì che essa, con il proverbiale tocco di bacchetta magica, faccia scomparire dall’alba al tramonto tutta questa impalcatura di regole e divieti incrociati anche se ciò comporterebbe l’annullamento di anni ed anni di lavoro.

La Risoluzione e le opzioni per la Commissione

Adesso giunge la più che condivisibile presa di posizione del Parlamento europeo, decisamente tempestiva dato che proprio ora si sta sviluppando tutto il processo di revisione del CPR e che dovrebbe portare, nelle speranze di tutti, a risolvere il problema.

Mi si perdoni il pessimismo, ma il mio dovrebbe è venato di perplessità in quanto, ad oggi ossia dopo più di un anno di lavoro, sul tavolo della revisione del CPR si trovano una serie di opzioni (circa una diecina, distinte da lettere dalla A alla F con pure alcuni numerali tipo B2 ecc…..) che in pratica contengono tutto ed il contrario di tutto

Si va da opzioni tipo “delenda Chartago” che prevedono la cancellazione del CPR con relativo ritorno a regole nazionali magari mutualmente riconosciute tra Stati ad altre opzioni da entusiasti del CPR così come è che prevedono addirittura un rafforzamento ed irrigidimento del quadro esistente. Si oscilla da ipotesi che vedono l’eliminazione del CEN come soggetto scrittore di norme e l’abbandono del sistema dei “mandati” (oggi denominati “Standardisation requests”, come se il cambio di un nome potesse variare la sostanza della cosa) ad altre che invece prevedono il rafforzamento del ruolo del CEN. Con, magari, una possibile clausola di esautorazione di tale ente (con il conferimento del mandato di scrittura norme a chi?) in caso di eccessivo ritardo nella redazione dei testi, e chi più ne ha più ne metta.

E la revisione delle norme EN esistenti?

Sullo sfondo, poi, rimane la questione del cosiddetto “managing degli Acquis”, ossia in pratica nel nostro caso la modalità di gestione delle norme incagliate che in realtà non rappresentano nuove produzioni (come p.es nel caso della EN 14351-2 sulle porte interne) ma sono delle nuove release di norme esistenti (come nel caso della 13830 sulle facciate continue). In questo caso, che è più frequente di quanto si pensi, la problematica è ancora più spinosa che nel caso di norme nuove in quanto ci si trova nell’imbarazzante situazione di avere sì una norma armonizzata, la quale però è vecchia e decrepita in quanto redatta utilizzando le clausole della vecchia Direttiva ormai morta da un decennio e quindi non più allineata né al mercato né tantomeno al nuovo quadro legislativo di cui a CPR.

Una soluzione per la transizione tra Direttiva e Regolamento?

Le brillanti menti della Commissione hanno sì elaborato una soluzione di transizione per risolvere il problema del disallineamento delle norme al Regolamento, soluzione che si è sostanziata nell’apposizione di una prefazione all’aggiornamento del quadro normativo di cui a CPR pubblicato in Gazzetta Ufficiale dell’Unione. In essa si stabilisce che, in caso di disallineamento tra norme e Regolamento (disallineamento obbligatorio dato che le norme sono state scritte basandosi su un altro testo legislativo), prevale il Regolamento.

Ora, onestamente, questa soluzione, necessaria e magari pure formalmente elegante all’atto della sua redazione, dopo circa dieci anni puzza un po’di stantio ed altrettanto onestamente risulta un po’imbarazzante in quanto il suo perdurare sancisce il fallimento della macchina comunitaria nel regolare ed aggiornare sé stessa. Per ora la strategia del managing degli Acquis ha partorito solo le ennesime commissioni, le quali per ora esistono solo sulla carta e quindi non hanno ancora prodotto nulla. Francamente però, visto cosa esce sin troppo spesso dalle commissioni burocratiche europee non so se questa mancanza di produzione sia un bene oppure un male.

Il controllo del mercato e l’Italia

Stendiamo poi un velo di pietoso silenzio sul controllo del mercato da parte degli Stati membri richiesto dal Parlamento europeo, e questo non solo per ragioni di ristrettezze di bilancio (controllare costa) ma anche per una forma mentis delle burocrazie statali che non ha ancora compreso (o accettato) cosa sia l’Europa. Prendendo il caso Italia (ma altri Stati in Europa non sono poi molto diversi) ritengo che pretendere che uno Stato che:

da un lato emana il DL 106/2017, nel quale si minacciano pene severissime per tutti coloro che violano gli Artt. 4,5,6,7,8,9 del CPR, pene che oltre a notevoli esborsi pecuniari comprendono anche pene detentive, ma

dall’altro emana un documento come l’Allegato E del Decreto Requisiti Tecnici nel quale

non si cita la Norma Armonizzata di riferimento, in pratica disconoscendo tutta l’impalcatura normativa obbligatoria (ricordate? La Corte di Giustizia Europea ha statuito che le Norme Armonizzate sono leggi comunitarie e quindi superiori per gerarchia alle leggi nazionali) legata ai campioni di riferimento ed alle estensioni dimensionali

si cita, come norma di prova, solo la EN ISO 10077-1, in pratica disconoscendo il valore legale delle EN ISO 12567-1 e -2 che però sono imposte dalla Norma Armonizzata (che è legge comunitaria)

si richiedono i valori di trasmittanza termica a tre cifre significative (p.es 1,67) contravvenendo ai disposti della EN ISO 10077-1 (ed anche delle EN ISO 12567) che impongono (nel testo inglese si trova la frase “shall be given”, cosa che implica il dovere) la presentazione dei risultati a due cifre significative ( quindi 1,7)

divenendo quindi infrattivo esso stesso degli Artt. 4, 5, 6, 7, 8, 9 del CPR dei quali impone il rispetto ai suoi cittadini effettui un valido, coerente e giusto controllo del mercato è mera utopia. Forse sarebbe meglio che questo Stato (ma ribadisco gli altri Stati europei non sono molto meglio da quel che so) si astenesse saggiamente e prudentemente da effettuare qualsivoglia tipo di controllo, a meno che tanto per cominciare ed a puro scopo di correttezza, per prima cosa lo Stato non proceda anzitutto a sanzionare sé stesso per chiara violazione del CPR, nello specifico dell’Art. 8 comma 6.

Questa è a grandi linee la situazione attuale. Il che mi fa pensare che la richiesta di creare un “quadro solido in tempi rapidi” avanzata dal Parlamento europeo sia da considerare un semplice sogno, bello fin quando si vuole ma solo un sogno; personalmente, tralasciando per pura logica la componente “tempi” e sorvolando diplomaticamente anche sulla componente “solidità”, mi accontenterei se in un tempo non biblico si riuscisse ad arrivare ad un quadro almeno comprensibile, compreso e condiviso da tutti Enti statali in testa.

Normator

PS: Magari….può darsi……forse… pensare seriamente a dare un mandato alla Fata Turchina????

 

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a cura di EB