Il passaggio generazionale nelle aziende familiari rappresenta un momento cruciale che richiede un'attenzione particolare. In queste imprese, l'importanza di un successo senza intoppi nella transizione tra una generazione e l'altra è fondamentale per la sopravvivenza e la crescita a lungo termine. Questo passaggio non riguarda solo il trasferimento di attività e risorse finanziarie, ma anche la trasmissione di valori, cultura aziendale e know-how accumulato nel corso degli anni.
Patrizia Esposito, PH.D. Psychology e consulente d’impresa, affronta questo tema estremamente attuale.
Quale è il ruolo di un buon genitore? E nel nostro caso, quale è il ruolo di un genitore imprenditore che si trova a guidare l’azienda insieme ai figli? Molte nostre realtà imprenditoriali sono gestite a livello familiare e la domanda oltre a essere attuale, mette in risalto il problema di costruire e ottimizzare un percorso dedicato al passaggio generazionale.
Ho chiesto a Chiara Tondini, International Disputes Counsel presso MDisputes e esperta di mediazione, una sua opinione in merito: “Il tessuto economico italiano è composto per il 95% da PMI, l’85% delle quali sono a gestione familiare. Questi dati parlano da soli sul costo economico e sociale che un’ inefficace gestione del passaggio generazionale nell’impresa o, quel che è peggio, l’insorgenza di contenzioso connesso a questo processo possono comportare. E chiunque si occupi di conflitti a qualunque livello sa bene quanto spesso (se non sempre) la causa scatenante sia una non corretta e sana comunicazione tra le parti coinvolte. Nelle imprese a gestione familiare questo equilibrio è reso ancora più complesso dal sovrapporsi del piano relazionale affettivo con quello professionale. La mediazione e gli altri meccanismi non aggiudicativi di risoluzione delle controversie possono fare molto per ristabilire la corretta comunicazione e porre fine al conflitto, ma ancora più utile è il contributo che professionisti esperti possono dare per la sua prevenzione.”
Inizio con una piccola provocazione: il mestiere di genitori è una attività semiseria, per alcuni divertente, molti svolgono questo ruolo con impegno e altri con grande preoccupazione, nessuno ancora si ritiene pienamente convinto di saperlo fare bene! Un pensiero più attento va composto quando i figli lavorano in azienda: i genitori/imprenditori di oggi dovrebbero riorganizzare prima se stessi, cioè aumentare la propria percezione della vita aziendale attraverso gli occhi dei figli, aprire a loro vuol dire allargare la visione all’ascolto, al dialogo, consapevoli delle emozioni che possono influenzare la qualità dei rapporti (personali e professionali) nella gestione dell’impresa. Si crea una dimensione che va oltre le attività di business, comunque influenzandolo. L’evoluzione aziendale attraverso il coinvolgimento dei figli, porta l’impresa a essere qualcosa in più di quello che è fino a quel momento, valorizzando il passato come spinta al cambiamento.
Quale è quindi, la cosa migliore che possono fare gli imprenditore/genitori? La prima è lavorare su se stessi, ovvero imparare a conoscersi attentamente, osservarsi nei comportamenti e comprendere il motivo delle scelte fatte fino a allora, quali valori si è perseguito, essere pronti a condividere e a trasmettere la conoscenza e la propria esperienza. Invece in alcuni casi, l’imprenditore tende a tesaurizzare ciò che ha appreso con il tempo, forse per sfiducia o per incapacità di ascoltare altri punti di vista che non i suoi: “ho sempre fatto così e i risultati si vedono, perchè cambiare?”
Ecco l’importanza di mettere in discussione la propria operatività: per dare la possibilità ai figli di accedere a altri modi di condurre le attività aziendali, senza il giudizio severo o superficiale del padre/madre che la sa lunga! Ciò allenta (o evita) le tensioni che possono sorgere dal senso di colpa, dal senso del dovere e dalla paura e permette la condivisione della passione e del piacere di essere imprenditori. Questo processo è indispensabile. Esso creerà l’atmosfera sana dove genitori consapevoli dei cambiamenti in atto, diffondono un senso di gioia e amore, cura e disciplina.
L’esperienza relazionale prodotta è gratificante e viene percepita come un valore aggiunto verso la crescita personale e professionale. Inoltre si possono aprire delle opportunità solo se si è disponibili a coglierle insieme (questo ne magnifica il risultato), e da parte dei genitori, a riconoscere i propri limiti e lasciare che questi siano superati grazie all’innovazione introdotta dai figli.
L’altro fattore è: insegnare ai figli a mettere in discussione tutto con domande, non formulate con sospetto o giudizio, ma con una genuina voglia di sapere. Ci sono due modalità di porsi domande: una è un processo salutare, di sviluppo, l’altra nasce con il pre-giudizio. Se osserviamo la gente, essa spesso pone domande con la convinzione che già tutto sia sbagliato, lo scopo di base della domanda, invece è aiutare a scoprire, a scavare in profondità sull’argomento che interessa. La domanda è lo strumento con cui si può conoscere di più. I figli attraverso le domande di conoscenza, possono mettere in discussione in modo sano quello che i genitori hanno fatto in precedenza, abbandonando il pensiero che ci sia qualcosa di sbagliato senza rischiare così, di alterare la relazione e senza giungere al conflitto.
Lasciare ai figli la libertà di domandare e sperimentare una nuova realtà vuol dire permettere loro di esercitare costantemente e attivamente l’intelligenza, mantenendo o portando verso un nuovo successo l’impresa. Ne deriva un processo continuo di creazione.
C’è un terzo punto da considerare nel passaggio generazionale: i genitori/imprenditori dovrebbero insegnare ai figli a abbandonare il senso di identità, cioè ad uscire da quello schedario umano delle identità per non con-fondersi e rimanere intrappolati in un ruolo o peggio ancora in uno schema rigido e essere liberi di poter accedere a tutte le potenzialità personali (utili nel momento del bisogno), per creare nuove strategie o per affrontare cambiamenti imprevisti del mercato.
Il Percorso che propongo si suddivide in quattro fasi.
- Prima fase: attenzione e ascolto dei tre livelli, per comprendere le dinamiche che muovono i fili invisibili dei rapporti familiari/aziendali
- Seconda fase: allineare le emozioni e i valori dei protagonisti del passaggio generazionale
- Terza fase: creare la relazione sui punti in comune rilevati, utilizzando la comunicazione non violenta
- Quarta fase: allenamento, allenamento e condivisione
Vorrei ricordare che fare un’analisi solo razionale quando si parla di cambio generazionale non può bastare, perchè la passione di colui/colei che ha creato l’impresa ha intrecciato legami invisibili e forti abitudini che possono diventare il vero punto critico e ostacolo al cambiamento generazionale: questo fattore emotivo condiziona i comportamenti andando ben oltre ogni logica. Ecco perché nel passaggio alla nuova generazione, va stabilita una corretta comunicazione, allineando i punti in comune e riconoscendo quelli diversi, per guidare naturalmente al ben-successo sia l’impresa che le persone, ricordando che la capacità di fare impresa non si eredita.
Per approfondimenti scrivi a Patrizia Esposito: [email protected]
a cura di Patrizia Esposito
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