Il consulente del settore tagliafuoco Eros Chemolli mette in luce la complessità e l'insidiosità del lavoro di preparazione ed elaborazione delle norme ed evidenzia, in un momento di grande complessità, la necessità di sostenere la centralità di UNI e la condivisione dei lavori.
Quale marcatura CE per le porte resistenti al fuoco ed a tenuta di fumo? Ma soprattutto quando? La domanda è più che legittima dopo il blocco della norma di prodotto per le porte interne EN 14351-2 da parte della Commissione che non intende renderla armonizzata al momento (vedi news) . Il blocco della EN 14351-2 non è il solo caso del genere perché pare che siano 130 le norme bloccate dalla Commissione. E con il blocco si impedisce pure la marcatura CE dei prodotti. Una situazione di cui parliamo spesso e che sta suscitando le vive proteste delle Federazioni europee del settore (vedi news) nel caso specifico della EN 14531-2 ma non solo.
Sul tema interviene, Eros Chemolli, consulente del settore tagliafuoco alla testa della Chemolli Fire, società specializzata nella certificazione di porte tagliafuoco e tagliafumo, che allarga l’orizzonte al di là dello specifico settore di riferimento e oltre il problema pur grave della mancata, per ora, marcatura CE delle porte interne. Problema che interessa da vicino i produttori di porte tagliafuoco. Pur non condividendo tutto quanto espresso nel blog, ugualmente lo pubblichiamo. (eb)
Mi rifaccio ai contributi usciti sul sito di GuidaFinestra “Blocco norme EN. Cosa possiamo fare altrimenti?” di Piero Mariotto e “Norme da armonizzare bloccate a Bruxelles. Ecco perché” a firma di Normator.
Fino a pochi giorni fa non avrei partecipato ad una discussione senza nomi e cognomi. Visto che le cose stanno cambiando un po’, mi fa piacere dare il mio umile contributo in termini di pensiero sul tema scottante della futura marcatura CE di porte resistenti al fuoco ed a tenuta di fumo.
Pavido pusillanime
Come definire chi nasconde la propria firma dietro l’anonimato? Posso dire di aver incontrato a Milano una persona che ha espresso un pensiero esattamente identico a quello espresso dal fantomatico “Normator”. Ringrazio sentitamente Piero Mariotto per non essersi nascosto dietro lo pseudonimo de “L’Uomo Tigre” o altri di suo gradimento.
Non voglio più giocare
Per quanto sia recente la mia partecipazione ai gruppi di normazione, vedo una situazione simile a quelle che accadono nei giochi tra i bambini, dove chi non accetta le regole, tenta di rovesciare il sistema per imporre le proprie a proprio vantaggio. Sarebbe anche meglio avere un quadro più completo e circostanziato delle cose prima di giudicarle. Potremmo fare anche altri esempi, tipo mettere al rogo curatrici come streghe, o crocifiggere chi dice che la terra non sia piatta. Peccato che i servizi della commissione ed i consulenti del CEN non possano inserirsi in questo bailamme a fare chiarezza data la loro levatura e correttezza istituzionale. Lo dico, perché ho già chiesto. Sono proprio due canali diversi di comunicazione, basterebbe forse un cenno per chiarire tutto questo. Quantomeno è ciò che mi auguro. Per quanto vi siano una serie di norme che continuano ad essere rispedite al mittente per dei vizi, ve ne sono molte altre che effettuano correttamente tutto il percorso, altrimenti la OJEU sarebbe vuota ad ogni sua pubblicazione. Meglio mandare avanti standard armonizzati con dei vizi, o fare tutti i compiti? In realtà credo che sia molto comodo dire che “non vogliamo giocare alla marcatura CE” quando ci sono interessi più grandi in ballo. Nel recente passato mi sono battuto – e mi batto ancora – contro la modifica del mandato M/101 che è basata sulla stessa tematica, per il mondo degli accessori. Non vorrei che “Normator”, o la persona di cui vi accennavo prima, aizzi il pensiero comune per ottenere i propri scopi personali, cioè commercializzare prodotti non più marcati, non più armonizzati, per evitare costi, a tutto discapito dei consumatori i quali potrebbero essere esposti a maggiori rischi dovuti a prodotti meno controllati, non essendo più soggetti all’AVCP 1 in determinati casi. Prodotti che dovrebbero salvare vite e proprietà. Si fa permeare che il pericolo alla modifica del mandato M/101 sia scampato, mentre al CEN circolano ancora position paper di ARGE (documento CEN/TC33 N 3752) che vanno in commissione che ne propongono la modifica. In UNI sto lavorando per far emergere la posizione nazionale, come precisato nel punto 3 dell’OdG della riunione del gruppo UNI/CT033/GL12 del 27-06-2019. Stessa minestra per il gruppo di approfondimento sull’uso dei dati storici, tema scottante per i produttori di porte tagliafuoco ed a tenuta di fumo: sono riuscito a far prendere degli impegni ai tavoli UNI ma mi pare che si faccia fatica ad attuarli: personalmente non mancherò nel sollecitare che venga fatto ciò che si è deciso.
Capire la situazione
Sono contrario a banalizzare i temi. Cerco sempre di capire il perché delle cose, le cause e gli effetti. Solo quando ho capito qualcosa mi esprimo. Cerco di riassumere, in poche parole, il quadro attuale degli ultimi sviluppi italiani sulla marcatura CE: sulla scorta di una news di ift Rosenheim siamo venuti a conoscenza di un ritardo. Un articolo anonimo ci parla di congiure e complotti, prospettando tra le righe di far crollare il sistema del CE come panacea di tutti i mali. Qualcuno rinforza la tesi, con i tedeschi padroni d’Europa ed i francesi puzzoni, noi poveri italiani soccombiamo. Una spolverata di Sea Watch non ci starebbe male! Ora, scusate tanto, mi sembra che stiamo assolutamente banalizzando. Noi di Chemolli Fire, per capire meglio i temi di interesse abbiamo organizzato il Forum Tagliafuoco a Bardolino il 25 ottobre, tra cui vi sono come protagonisti gli esperti, appunto, di ift Rosenheim. Che paiono essere gli unici a sapere qualcosa, che potranno darci informazioni di prima mano, scevri dalle polemiche italiote.
Partecipazione ai gruppi di normazione
Tendo sempre a cercare un disegno più grande nelle cose. Ora, ci lamentiamo dell’asse franco/tedesco. C’è da dire che in Italia sulla scorta di un ragionamento benpensante e di una comodità intrinseca abbiamo demonizzato il concetto di lobby. La lobby è una espressione demoniaca? Il lobbista è una creatura degli inferi? Nel settore del serramento, in particolare nella nicchia della tenuta al fuoco, ognuno è andato per la sua strada, abbandonando e frammentando le associazioni. Pensando inoltre che partecipare ai gruppi di normazione sia una perdita di tempo, un costo, un qualcosa senza un’utilità. Negli altri paesi è normale avere una (UNA) associazione di categoria, molto focalizzata e che questa abbia un rappresentante nei gruppi di normazione nazionali ed internazionali. Per noi italiani è già difficile partecipare alla vita di un’associazione, figuriamoci pagare uno che va – secondo i più – in vacanza a Bruxelles, Helsinki, Riga e così via. Ma se avessimo partecipato di più ai gruppi di normazione, sicuramente saremmo stati più partecipi dei meccanismi, delle vicissitudini e, ogni tanto, ne avremmo orientato le decisioni.
Per non predicare bene e razzolare male, sono entrato nei gruppi di lavoro UNI di interesse e mi piacerebbe partecipare anche ai working group del CEN. So bene che nessuno mi paga e tantomeno mi pagherà le trasferte, le giornate, il tempo che passo a leggere documenti ed a “fare i compiti” che questi gruppi mi commissionano (cosa che peraltro mi onora). Se noi guardiamo come è fatto l’impianto normativo oggi rispecchia evidentemente le esigenze di laboratori, enti notificati e sistemisti. Fate un po’ il caso da chi sono popolati i WG, e poi vediamo se si tratti di una coincidenza.
I livelli di prestazione: il nuovo protezionismo?
Non è compito degli enti di normazione nazionali assurgere ad organi di protezionismo definendo i livelli di prestazione che devono avere i prodotti a seconda dell’uso a cui sono destinati. Ciò viene fatto dalle autorità competenti nazionali e questa facoltà ce l’ha anche l’Italia. Perché non imponiamo, ad esempio per le porte, che il livello di prestazione minimo non sia EI1 120 Sa/S200 C5? Perché dovremmo vendere prodotti più costosi, mentre noi italiani vogliamo fare solo la guerra del prezzo. Vendere il prodotto uguale al concorrente ad un euro in meno. E per vendere ad un euro in meno, se non lo certifico, di euro posso toglierne anche due. L’orto e le verze, la botte piena e la moglie ubriaca… difficile focalizzare i propri obiettivi in due direzioni troppo diverse.
Sosteniamo Uni, ma rispettiamolo
Sono assolutamente d’accordo con Mariotto sul fatto che UNI sia il tavolo istituzionale sul quale porre, trattare, discutere di normativa e delle ricadute che essa ha sulla nostra quotidianità. E’ per questo che in prima persona pago la mia quota, partecipo e ci lavoro.
Ciò detto, la centralità di UNI e la condivisione non possono essere evocate solo quando fanno comodo. Anche quando in Europa si parla a nome dell’Italia, prima si dovrebbe fare tappa in UNI. I temi vanno, devono essere discussi nella sede istituzionale dell’ente di normazione nazionale.
UNI va sostenuto, ma anche RISPETTATO!
Eros Chemolli, Chemolli Fire
L’immagine è tratta dal sito dell’azienda
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