Presentata in anteprima e in versione beta a Forum Serramenti la prima Analisi dei Bilanci dei Retailer di serramenti. Il settore mostra una interessante redditività ma non mancano i problemi. I piccoli e i grandi stanno meglio dei medi.
Che cosa ci dicono in sintesi gli indici aziendali dei rivenditori di porte e finestre alla luce del Forum Serramenti di Bologna? “Piccolo è bello: facilità di accesso al mercato, basse barriere all’entrata, discreta marginalità. Anche grande è bello: indici di performance positivi, solidità patrimoniale e gestione finanziaria ok. Invece problemi di redditività per i medi, diverse aziende “sottopatrimonializzate” con difficoltà nella gestione finanziaria”.
Questa la sintesi estrema della prima Analisi dei Bilanci dei Retailer di serramenti presentata a Bologna. La pubblicazione degli indici aziendali dei rivenditori di porte e finestre è stata una delle importanti novità dell’evento (vedi news). La prima Analisi pubblica dei Bilanci dei Rivenditori è stata ideata dalla redazione di Nuova Finestra e Showroom, progettata assieme a NordEst Innovazione, studio di consulenza d’alta direzione, e realizzata da quest’ultima sulla base dei bilanci dei rivenditori di porte e finestre depositati presso il registro imprese delle Camere di Commercio. Il team di lavoro è composto da Giuseppe Piazza, Luca Realdon e Ermanno Zonato di NordEst Innovazione e da Ennio Braicovich di DBInformation.
Lo studio ci consente di individuare i principali indici aziendali della categoria con un duplice obiettivo:
-permettere al rivenditore di comparare le proprie performance rispetto alla categoria e comprendere se performa meglio o no;
-consentire al sistema che sta attorno al rivenditore (fornitori, banche, …) di valutare in maniera corretta l’azienda di retail, le sue positività e criticità, l’affidabilità, il rischio di indebitamento, le sue prospettive, ossia il suo stato di salute. Insomma, quello che viene definito il suo rating.
L’Analisi presentata è al suo numero zero detto in gergo editoriale, ha subito precisato Ennio Braicovich, coordinatore dell’incontro. Ovvero è in fase di test. La prima fase ha previsto l’esame di 50 bilanci di retailer indipendenti di porte e finestre di sei regioni importanti del Nord e del Centro Italia: Piemonte, Lombardia, Veneto, Trentino Alto Adige, Emilia-Romagna e Lazio. Sei regioni di peso che corrispondono al 49% della popolazione italiana, presentano il 52% del patrimonio abitativo nazionale e presentano globalmente un PIL pro capite superiore del 25% rispetto al PIL pro capite nazionale. La seconda fase, già in corso, riguarda tutte le altre Regioni d’Italia. Fra qualche mese avremo, quindi, un quadro completo degli indici aziendali delle rivendite di porte e finestre d’Italia.
In ogni caso, pur nella limitatezza del campione testato, gli esperti di Nordest Innovazione hanno individuato, oltre alle numeriche, delle precise linee di tendenza che dovranno essere confermate dalla seconda fase.
Le cinquanta aziende sotto esame sono tutte SRL e presentano fatturati 2017 da 200 mila a 9,5 milioni di euro. La metodologia, hanno spiegato Giuseppe Piazza e Ermanno Zonato prevede la creazione di 32 indici aziendali e 5 ambiti di analisi: “carta d’identità”, redditività netta, redditività operativa, solidità patrimoniale e liquidità. Cinque i cluster di analisi: regione, classi di fatturato, classi di patrimonio, classe di numero di dipendenti e numero di punti vendita.
Quali, dunque, i dati più importanti emersi finora dai dati aggregati?
Crescono i ricavi delle aziende del campione segnando un +4,4% rispetto all’anno precedente (2016). Crescono anche gli indici: l’Ebitda che passa da 7,5 a 8,0%, il risultato di esercizio (cioè la differenza tra costi e ricavi) sale del 31 %. Migliora la PFN-Posizione Finanziaria Netta (in breve l’indebitamento) che diminuisce del 12,8% mentre aumenta il patrimonio netto di quasi il 10%. Il tutto mentre il rapporto di fatturato per addetto si colloca a ridosso dei 250 mila euro a fronte di un costo per addetto attorno ai 33 mila euro mentre l’incidenza del costo del lavoro sul fatturato viene limata a 16,7%.
Notizie positive vengono anche dagli altri indici aziendali: il ROE, cioè la redditività del capitale proprio, balza di oltre 3 punti percentuali fino a 19,3% mentre il ROI, la redditività del capitale investito, sale a 10,4%.
Commenta Giuseppe Piazza alla testa di NordEst Innovazione: “Gli indici sono abbastanza positivi. Ci sono delle difficoltà rispetto alla patrimonializzazione, ma questo è un problema tipico delle aziende italiane che sono spesso sottopatrimonializzate. Questo settore non fa eccezione. Il panorama è contraddistinto dalla presenza di parecchie microimprese che comunque a casa portano reddito. Hanno una capacità non comune di redditività anche dovuta ai costi di personale che riescono a tenere più bassi rispetto alla media. Probabilmente di loro, dietro c’è la forza e l’impegno della famiglia. E riescono a spuntare delle condizioni più interessanti dai propri fornitori, come tempi di pagamento più lunghi”.
E i grandi? Sempre Piazza: “I rivenditori più grandi, intendiamo quelli sopra i 4 milioni di euro, sono aziende vere e proprie, strutturate e presentano una buona redditività. Sono a posto anche dal punto di vista della solidità finanziaria e delle liquidità. Insomma, sono le aziende che stanno meglio”.
E quelli che stanno in mezzo come se e cavano allora? Interviene Ermanno Zonato, l’uomo dei Bilanci: “La pattuglia mediana per fatturato comunque presenta una buona redditività. Qualche azienda presenta indici di redditività più bassa. Qualcun’altra soffre di sottopatrimonializzazione. Soffre quindi di circolante e di gestione finanziaria avendo difficoltà ad approvvigionarsi di liquidità. Sono queste le aziende maggiormente in tensione”.
Vien spontanea la domanda del come mai le aziende di mezzo, non più piccole ma non ancora grandi, soffrano. Risponde Zonato: “Potrebbe esserci uno sbilancio dovuto a degli investimenti, ad esempio, oppure potrebbe trattarsi di una fase di maturazione dell’azienda verso una dimensione di complessità superiore. Sono questi i problemi tipici che affrontano i titolari di queste aziende che nascono di solito in ruoli tecnici o commerciali. Un conto è conoscere un prodotto e saperlo vendere. Ma quando cresci devi imparare a gestire i flussi operativi, i processi interni, l’organizzazione delle persone. Il che non è semplice. Si tratta di aziende che devono fare esperienza e inevitabilmente inciampano generando delle perdite di redditività e di performance”.
Quali i punti più critici emersi dall’analisi aggregata?
La parola torna a Giuseppe Piazza. “Un punto critico è la rotazione del capitale circolante, in valore 2,4, il che significa il numero di volte in cui in un anno il capitale circolante ritorna in forma liquida. In soldoni, è proprio il caso di dirlo, si allungano i tempi necessari per portare a casa i soldi, ovvero si lascia tanto tempo ai clienti. Mediamente c’è un peggioramento rispetto al 2016. Questo potrebbe essere dovuto, ad esempio, a un calo della liquidità in circolo e quindi chi compra tende a dilazionare i tempi di pagamento”.
Malino anche l’indice di incidenza del capitale di terzi sul fatturato che testimonia l’ampio ricorso al credito esterno e l’incapacità dell’azienda di finanziare in autonomia le vendite mancando di capitale proprio. Riflette Zonato: “Tutto ciò è collegato a quanto si diceva relativamente alla sottopatrimonializzazione delle aziende dove la conduzione familiare tende a utilizzare spesso l’azienda come un bancomat, fedele al motto “Famiglia ricca, azienda povera”. Un semplice consiglio degli esperti è quello lasciare almeno una parte degli utili in azienda in modo da aumentare il capitale proprio da poter utilizzare all’occorrenza. Così si rinforza l’impresa e si ha meno bisogno di soldi di terzi. Ti costa meno il denaro e il rating migliora”.
Dalle analisi emerge anche un gap molto forte tra durata media dei crediti (74 giorni) e debiti (207 giorni). In particolare nell’ultimo esercizio la durata media dei debiti commerciali, già elevata, si è ulteriormente allungata di 10 giorni in più a carico dei fornitori, che quindi fanno da banca. Piazza: “I rivenditori che hanno bisogno di liquidità se la vanno a prendere a monte dai fornitori. I pagamenti raggiungono oltre i sei mesi, il che singolarmente è lo stesso meccanismo della GDO, la grande distribuzione organizzata, che paga i fornitori a babbo morto”.
Domanda finale chiave a Giuseppe Piazza. “Alla luce degli indici aziendali medi emersi, ritieni che quello del retail di porte e finestre sia ancora un settore attraente?” Risposta: “Sì, lo è. Anche se occorre prepararsi a un cambiamento di ruolo del punto vendita soprattutto rispetto sia alla filiera che agli altri canali (internet, social,…)”.
In ogni caso, è bene ribadire che Piazza e Zonato di NordEst Innovazione, e con loro la redazione di Nuova Finestra e di Showroom, si mostrano prudenti sulle prime conclusioni vista la limitatezza del campione sottoposto ad analisi. Conclusa la seconda fase con l’estensione a tutta Italia del campione e con l’aumento dei numeri di distributori testati, avremo più dati a disposizione e potremo dire di avere un quadro più completo, solido ed affidabile degli indici aziendali delle rivendite di porte e finestre d’Italia.
(eb)
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