Esempio di bizantinismo è l’accusa che l’esponente di Confartigianato rivolge al futuro decreto ora all’esame del Parlamento
Il Governo ha trasmesso quasi un mese fa uno schema di decreto sulla commercializzazione dei prodotti da costruzione che ha il fine di regolarizzare il mercato delle costruzioni (vedi news e testo dello schema). L'atto del Governo in esame da parte del Senato, si legge nella relazione presentata, si compone di trentuno articoli e di quattro Allegati (A, B, C e D). E’ stato adottato a seguito di un'apposita delega recata dall'articolo 9 della legge 12 agosto 2016, n. 170 (legge di delegazione europea 2015).
L'Atto adegua la normativa italiana alle disposizioni del Regolamento 305/2011 (UE), entrato in vigore il 24 aprile 2011, il quale fissa le condizioni per la commercializzazione dei prodotti da costruzione e abroga la direttiva 89/106 (CEE), recepita in Italia con decreto del Presidente della Repubblica 21 aprile 1993, n. 246. Pertanto, oltre a prevedere una nuova disciplina della commercializzazione dei prodotti da costruzione, il futuro decreto abroga il D.P.R. 246/1993.
Tra i tanti articoli ci aveva colpito l’art. 5 che recita:
Articolo 5
(Condizioni per l’immissione sul mercato e per l’impiego dei prodotti da costruzione)
1. Quando un prodotto da costruzione rientra nell’ambito di applicazione di una norma armonizzata per la quale sia terminato il periodo di coesistenza desumibile dall’elenco pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 5, del regolamento (UE) n. 305/2011, ovvero sia conforme a una valutazione tecnica europea rilasciata per il prodotto in questione, il fabbricante redige, salvo i casi previsti dall’art. 5 del regolamento stesso, una dichiarazione di prestazione conformemente agli articoli 4,6 e 7 del medesimo regolamento ed appone, all’atto dell’immissione di tale prodotto sul mercato, la marcatura CE conformemente agli articoli 8 e 9 del citato regolamento.
Non si fa cenno alla situazione normativa previgente prima dell’entrata in vigore del decreto né tantomeno alla possibilità di marcatura CE dopo l’inizio del periodo di coesistenza. Insomma una scrittura un po’ deficitaria che abbiamo segnalato a quell’attento lettore delle norme e delle disposizioni comunitarie che è Samuele Broglio di Confartigianato che così commenta:
“Personalmente questo art.5 mi colpisce poco in quanto mi pare più che altro una classica contorsione di italico linguaggio. In realtà le norme armonizzate, per regola europea, si applicano come obbligatorie solo alla fine del periodo di coesistenza, ma durante tale periodo si può scegliere se applicare la norma nuova o quella pre-esistente quindi non ci si troverà assolutamente in carenza normativa.
Per quanto riguarda poi la specificazione relativa all’art.5 del CPR la trovo buona cosa. Solo gradirei che l’esclusione da marcatura CE delle casistiche di cui al predetto articolo del CPR fosse meglio esplicitata in quanto così scritta rimanda sempre al drammatico errore commesso in sede di redazione del Regolamento in base al quale l’esclusione opera solo “in mancanza di richieste prestazionali nazionali”. Ora, visto che per quanto riguarda i prodotti da Costruzione le richieste prestazionali ci sono sempre, l’apertura dell’art.5 equivale ad un bizantino “li abbiamo esclusi senza escluderli”. Sarebbe quindi opportuno che il decreto specifichi che i casi di cui all’art.5 del CPR sono esclusi da richieste prestazionali in quanto non sottoponibili a procedura di marcatura. Cosa di per sé vera in quanto è in pratica impossibile sottoporre a normale procedura un prodotto unico, oppure realizzato in cantiere, oppure realizzato sotto specifica Belle Arti.
Ciò che mi colpisce dello schema di decreto è la parte “sanzioni”. Ma questo non è coerente con il CPR che già traccia la linea per il controllo del mercato!! Se leggiamo gli artt. dal 56 al 59 del Regolamento n. 305/2011 vedremo che:
– Per gli errori sostanziali si prevede un periodo di lavoro da parte del fabbricante e solo se non si trova la maniera di sanare la non conformità il ricorso a limitazione della messa a disposizione sul mercato + eventuale richiamo + eventuale ritiro, il tutto con tempistiche ragionevoli e proporzionate al livello di rischio causato dal prodotto (in pratica su una porta fuoco-fumo si andrà di corsa soprattutto se la non conformità riguarda proprio queste caratteristiche, su un serramento ce la si potrà prendere con calma soprattutto se la non conformità riguarda la permeabilità all’aria che in Italia non ha valore di soglia);
– Per gli errori formali (che sono in pratica quelli più trattati nella parte sanzioni della bozza di decreto) si prevede la comunicazione al fabbricante, l’attesa di una sua azione correttiva e solo in caso la non conformità permanga la messa in atto di procedure volte a limitare o ad interdire la messa a disposizione sul mercato
In pratica nel CPR di sanzioni pecuniarie non se ne parla proprio.
Nel nostro decreto di provvedimenti limitativi non si parla per nulla (si parla invece di arresto del trasgressore!!), ma si dà la stura ad un’orgia di sanzioni pecuniarie immediate, oltretutto di entità veramente macroscopica in quanto le migliaia di Euro si sprecano, in pieno stile “dai facciamo cassa che ci serve”!!
Sanzioni…
Non dico no alle sanzioni. E’ solo che le sanzioni già ci sono e sono stabilite dal Regolamento. Si chiamano richiamo e ritiro e prevedono che il prodotto non conforme venga rimosso dal mercato in tempi ragionevoli relativamente ai rischi. In pratica una porta tagliafuoco/fumo deve essere rimossa non domani, ma ieri, un serramento esterno che abbia problemi di stabilità deve essere rimosso domani, un serramento esterno che abbia problemi all’acqua può aspettare fino a dopodomani mentre una porta interna con problemi di permeabilità all’aria può attendere anche un mese.
Ciò che mi dà fastidio è la maniacale italica attenzione alla parte formale (si sanziona la virgola, anche se non conta nulla in pratica) e la totale disattenzione a quella sostanziale, la cura nel fissare pene pecuniarie e il totale silenzio sugli atti interdittivi alla circolazione delle merci che invece sono l’unica via per proteggere il mercato.
Peggio ancora c’è una discrasia tra piccole e grandi aziende; se commini una sanzione da 10.000€ ad una grande impresa (che magari fa un prodotto farlocco) senza ritirare la produzione le fai un piacere. Se fai la stessa cosa ad una microimpresa (che magari ha solo cannato una virgola al decimo rigo della seconda pagina) la butti a terra per quanto la grossa azienda abbia fatto di peggio della piccola. Per inciso ho interessato la federazione europea SBS ed anche loro sono a dir poco perplessi dell’impostazione data dall’Italia che è discrasica con l’impostazione regolamentaria, a mio avviso molto più rigida, pragmatica e mitteleuropea
Ora non so quanto questa discrasia tra una procedura fissata a livello regolamentario (ricordo che il Regolamento è il massimo livello legislativo comunitario) ed una redatta a livello nazionale sia accettabile e se essa possa essere impugnata a livello europeo, ma sicuramente come Confartigianato non siamo molto d’accordo ed avanzeremo le nostre contro-proposte nelle sedi idonee.
Samuele Broglio
Condividi l'articolo
Scegli su quale Social Network vuoi condividere