Alla domanda di un noto produttore di serramenti risponde il responsabile del Laboratorio Safety & Security dell’Istituto Giordano
E’ possibile il cascading per l’antieffrazione? Questa è una domanda che molti costruttori non si sono neanche posti pur utilizzando le certificazioni, o meglio i rapporti di prova di solito di un sistemista o un accessorista. In questo nostro mondo, molto variegato, sappiamo che succede di tutto. Anche nell’ambito delle prestazioni antieffrazione dei serramenti, prestazioni cui si affidano i nostri clienti per proteggere sé stessi, i propri cari e i propri beni. Questo è noto da tempo. C’è chi si inventa continuamente strade facilitatorie. C’è chi lavorando con il metodo del cascading non adotta gli accessori o i vetri previsti dal sistemista.
Rammento che il Cascading ITT, ricordiamo, è una procedura prevista dalla norma di prodotto EN 14351-1 per finestre e porte pedonali che prevede la cessione a cascata (ovvero in ‘cascading’) dei rapporti di prova effettuati da ‘terza parte’ ai fini della marcatura CE. Un apposito contratto regola diritti e doveri delle due parti. L’adozione del Cascading ITT facilita le micro aziende, i piccoli e medi produttori, ne allevia i costi e ne semplifica le procedure. Ma non sono solo i piccoli e medi operatori ad avvantaggiarsi del Cascading. Infatti anche grandi aziende adottano tale procedura facilitativa quando utilizzano, ad esempio, sistemi per finestre e porte prodotti da sistemisti evitando di ripetere le prove.
Progettare e costruire una finestra, una porta finestra, una porta d’ingresso antieffrazione richiede tempo, ingegno, energie e fatica come ha fatto Coserplast. Il suo Presidente pone una domanda assolutamente sensata che sintetizzo così:
“Alla luce della normativa europea UNI EN 14351-1 è possibile trasferire i risultati delle prove di resistenza all’effrazione effettuate secondo EN 1627-28-29-30 da un altro soggetto (di solito il sistemista o l’accessorista) a un produttore di serramenti che opera sotto cascading?”
Qui sotto la lettera di Innocenzo Guidotti, cui risponde uno dei maggiori esperti di certificazione antieffrazione del nostro paese, il geom. Roberto Porta, responsabile del Laboratorio Safety & Security dell’Istituto Giordano.
(eb)
Nella foto in alto, un momento dell’attacco manuale su una finestra Safety3 di Coserplast che alla fine del test verrà classificata RC3
Caro Direttore,
mi permetto sottoporre alla Redazione una questione che riguarda la possibilità del cascading sulla certificazione antieffrazione (RC2 e RC3), per conoscere la vostra opinione in merito.
Nel 2013/2014 la Coserplast ha avuto l’intuito (forse la pazzia) di portare avanti un progetto per arrivare alla certificazione antieffrazione in classe RC3, dei serramenti in pvc. Ovviamente tutti i produttori di ferramenta, di profili e componenti ci avevano sconsigliato di intraprendere questa strada. Dopo un lungo ed approfondito lavoro, siamo arrivati a certificare quasi tutta la nostra produzione (finestre 1 anta, porte finestre 1 ante, finestre 2 ante, porte finestre 2 ante, ribalta scorrevole, etc) con investimenti, come potrai immaginare, molto importanti. Il tutto per poter certificare “seriamente” i serramenti prodotti, soprattutto rispettando i termini della estensibilità tipologica e dimensionale prevista dalla norma.
La normativa di riferimento per le porte pedonali esterne e le finestre, la UNI EN 14351-1 nell’Allegato ZA, elenca le certificazioni che possono essere trasferite, a determinate condizioni, con il metodo del cascading. Essa menziona le prestazioni di tenuta aria, acqua, vento..ma non menziona la resistenza all’effrazione secondo EN 1627-28-29-30, le norme antieffrazione, così come non la menziona nell’Allegato F, sulla trasferibilità.
Ho sempre ritenuto che l’estensibilità, per le certificazioni antieffrazione, non fosse possibile, confortato anche da pareri autorevoli di professionisti del settore e di produttori. Oggi notiamo che tanti serramentisti ostentano certificati antieffrazione con il metodo del cascading e addirittura sistemisti e produttori di ferramenta dichiarano che questo metodo possa essere utilizzabile.
Ti posso assicurare che il lavoro che abbiamo fatto, le prescrizioni tecniche (sui rinforzi, sui profili (Deceuninck), sugli accessori (Maico), sull’assemblaggio, sulle integrazioni al sistema, sulla posa in opera, etc), la tipologia di produzione, fino alle prescrizioni sulla posa in opera, richiede una approfondita conoscenza della norma, del sistema e del prodotto, soprattutto per la certificazione in classe RC3. Io non credo che si possa certificare un serramento antieffrazione con “un piccolo corso di formazione sull’assemblaggio del serramento antieffrazione (montaggio ferramenta e incollaggio del vetro)” per poter “certificare” un serramento antieffrazione, e dico per fortuna.
Lo so benissimo, purtroppo, che i controlli delle certificazioni e della marcatura CE sono quasi inesistenti. Tuttavia credo sarebbe utile al sistema produttivo che le normative siano “uniche” e che le interpretazioni, molto “opportunistiche”, almeno da parte dei sistemisti e dei produttori di ferramenta, che so essere persone molto serie, siano fatte nel rispetto della normativa vigente.
Secondo me è un tema da portare avanti per qualificare ulteriormente questo nostro mondo, anche perché so che tanti altri produttori si sono cimentati per arrivare alla certificazione antieffrazione e non sarebbe corretto nei confronti di chi (e non siamo stati solo noi) si è cimentato, ha investito ed ha applicato la norma correttamente.
Innocenzo Guidotti
Cooperativa Serramenti Coserplast
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Risponde Roberto Porta dell’Istituto Giordano
Le considerazioni fatte dalla Coserplast sono ineccepibili, da parte mia! Ha perfettamente ragione. La resistenza alla intrusione NON è soggetta a cascading perché nella EN 14351-1 non è prevista tale possibilità dall’allegato ZA.
Mi permetto di fare una eccezione se:
– l’azienda che esegue il test si assoggetta ad un sistema di certificazione prodotto simile ai sistemi 1 con test di laboratorio ritengo che sia possibile.
– l’azienda fa il test ed ottiene un rapporto di prova con la classificazione del “prototipo”
– l’ente certificatore (noi collaboriamo e siamo il laboratorio di riferimento di ECB-S di Frankfurt (D) la cui certificazione ha valenza mondiale..) dopo una visita ispettiva in azienda per verificare le possibilità produttive e l’organizzazione aziendale se è in grado di produrre in maniera controllata e ripetibile il campione in prova. (Tale audit normalmente lo fa il laboratorio che ha eseguito il test). NOTA: l’unità produttiva può essere diversa da quella che ottiene la certificazione… (abbiamo aziende tedesche che producono in Polonia o aziende giapponesi che producono in Cina..)
– emissione del “Certificato” con indicato la famiglia di prodotti coperti dalla certificazione.
– audit annuale o semestrale nella o nelle unità produttive per verificare se i prodotti sono conformi al “prototipo” sottoposto a prova.
In questo caso praticamente è possibile il cascading di produzione di uno stesso oggetto in diverse realtà produttive…
Altre soluzioni mi paiono azzardate…
Roberto Porta
Istituto Giordano S.p.A.
Laboratorio Security & Safety
a cura di Ennio Braicovich
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