Esemplare risposta del titolare di una microazienda lombarda a un potenziale cliente che avrebbe voluto lo sconto in fattura
Il serramentista dice no allo sconto in fattura. Ma come dire no a un potenziale cliente? E’ difficile dire di no con il rischio di perdere quasi certamente il cliente informato. Del resto è meglio avere un’azienda con i conti in regola che un’azienda a rischio quasi certo di fallimento a causa dello sconto in fattura (vedi news). La voce oramai si sta diffondendo ed è naturale che i consumatori siano allettati dall’idea di un megasconto immediato del 50% sui serramenti e le schermature solari (65% sui climatizzatori, sic!) promesso dall’increscioso articolo 10 del Decreto Crescita.
Tra i commenti di oggi al post sulle istruzioni di Anfit per adeguare offerte commerciali e preventivi sulla pagina Facebook di Guidafinestra ci ha colpito quello di un serramentista, Riccardo Salimbeni di Cornate d’Adda, cittadina a qualche decina di chilometri a est da Milano. Il commento riporta il contenuto di una mail rivolta a un cliente. Un avvocato, con il quale praticamente stava concludendo un bell’ordine di serramenti in legno/alluminio di oltre 10 mila euro, e che ha fatto capire che avrebbe desiderato lo sconto in fattura. Questa la risposta, cortese ma ferma e ben motivata, del serramentista:
Buongiorno, mi dispiace ma non riusciamo ad applicare l’ecobonus come da decreto crescita.
Questo prevede infatti l’applicazione diretta di uno sconto del 50% in fattura, che significa per noi, non solo non avere guadagno, ma dover pagare, con nostri fondi, i nostri fornitori e collaboratori.
Infatti, noi non abbiamo un guadagno del 50% sul preventivo, ma i costi incidono per molto più della metà.
In pratica, per farLe il lavoro io devo prestare allo Stato italiano mie risorse e lo Stato me Le renderà nei prossimi 5 anni senza interessi, scalandomele dalle tasse.
Innanzitutto, essendo artigiani, non abbiamo risorse da investire. Queste le abbiamo investite nella nostra attività (leasing capannone, mutuo, mezzi da lavoro ecc), ma anche avendole a disposizione non farei mai un investimento di 5 anni senza interessi. Non crede?
Cordialità
Riccardo Salimbeni
Risposta chiara, semplice ed esemplare. Le aziende sono lì per offrire beni e servizi e non per fare da banca allo Stato. Il commento lo gireremo ai creativi ideatori dell’articolo 10. Abbiamo sentito Salimbeni al telefono.
E’ il titolare di un’azienda, RS Serramenti, che produce serramenti in alluminio ma che tratta anche, da rivenditore, serramenti in legno/alluminio. E’ un artigiano posatore qualificato CasaClima. Il fatturato oscilla tra 440 e 500 mila euro. In azienda sono in tre. Erano di più prima della “grande crisi del 2009” e giocoforza l’azienda si è dovuta ridimensionare. “Vorrei assumere un giovane – dice il serramentista – ma ho scoperto che non c’è più l’apprendistato di una volta e un giovane oggi mi costerebbe 26 mila euro l’anno, come un operaio di sesta. C’è da demotivarsi”.
Ma non c’è solo lo sconto in fattura a preoccupare Salimbeni. C’è anche la ritenuta d’acconto dell’8% sui bonifici per l’ecobonus che attanaglia l’azienda e che rappresenta una pesante sottrazione di liquidità e di cui molti si sono dimenticati. Completano il rapido ritratto di RS Serramenti un efficace sito web in cui Salimbeni ci mette la faccia (ed è raro che succeda) e una pagina Facebook su cui campeggia la scritta orgogliosa: “Se credi che un professionista ti costi troppo è perché non hai idea di quanto ti costerà un incompetente”.
a cura di Ennio Braicovich
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