Alla luce dell’ incidente all’ITC Angioy di Sassari un articolo de La Nuova Sardegna getta luce sul dramma dei presidi che vorrebbero spendere ma non possono pur rimanendo sempre responsabili della sicurezza degli allievi
Oggi, Giornata nazionale della sicurezza nelle scuole (vedi news), ci uniamo ad autorità scolastiche, professori e allievi per ricordare l’importanza del tema. Lo facciamo a pochissimi giorni dal tragico incidente all’ITC Angioy di Sassari (vedi news) che per poco costava la vita a uno studente. Solo 7 millimetri lo hanno separato dalla morte quando una lama di vetro di una porta a vetri infranta gli ha perforato il costato ed è finita lì, accanto al cuore.
“Mettere in sicurezza le vetrate dell’Itc Angioy costerebbe più di duecentomila euro: non è stato ancora fatto perché non ci sono soldi. Il confine tra la vita e la morte non è più un doppio vetro, ma la distanza tra la punta di una scheggia e il cuore di un diciassettenne. Sette millimetri, appunto” denuncia un bell’articolo di Daniela Scano de La Nuova Sardegna che narra del dramma dei dirigenti scolastici che sanno delle condizioni di scarsa sicurezza degli edifici di cui sono responsabili, che le denunciano ma che si ritrovano di fronte ad autentici muri di gomma.
Così di fronte alla dramma la dirigente Maria Giovanna Oggiano ha scritto una lettera aperta di denuncia.
“La preside dell’Itc -scrive Daniela Scano – ha spiegato con parole inequivocabili che le conseguenze di quel banale incidente non sono state causate dalla fatalità. Quella vetrata e tutte le altre di accesso all’istituto, il più grande della città, per legge dovrebbero essere antisfondamento e non lo sono. Questo vale all’Itc Angioy e in tutte le scuole costruite prima che entrassero in vigore le norme che impongono i doppi vetri. Le cause di questa situazione sono note: mancanza di fondi pubblici, il patto di stabilità che frena gli enti locali proprietari degli edifici scolastici, l’inettitudine di qualche amministratore e di qualche tecnico”.
Ecco descritte in poche parole le cause dell’incidente causato non da fatalità. Se fosse accaduto qualcosa di peggio, la prima responsabile sarebbe stata Lei. “Il decreto legislativo 81 del 2008, che attua la legge 123 del 2007 in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro – spiega La Nuova Sardegna – equipara, infatti, il dirigente scolastico al datore di lavoro. Questo vale per tutti i dirigenti di edifici pubblici: tribunali, catasto, scuole, università. Il rappresentante dello Stato, che dello Stato è un dipendente, diventa scudo umano dello Stato. E rischia di essere indagato, fino a prova contraria, per le carenze e le omissioni dello Stato. è come se la preside fosse la titolare di un’azienda e gli studenti i suoi dipendenti”. Con la piccola differenza che non può spendere perché nei bilanci delle scuole ci sono poche migliaia di euro per l’ordinaria manutenzione e non può chiudere l’edifico scolastico perché rischierebbe una denuncia per interruzione di un pubblico servizio.
“Può solo sperare – conclude Scano – che non succeda niente di grave, per la incolumità di tutti e perché lo Stato non gli chieda anche di indossare le vesti di imputato. Perché vorrebbe dire che sette millimetri non sono bastati”.
La speranza che accordi come quello odierno siglato tra Governo, BEI e CDP possano eliminare quella che è una vergogna nazionale: l'insicurezza scolastica delle giovani generazioni.
(eb)
Foto da La Nuova Sardegna
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