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Smart city e rigenerazione urbana

Il 20 settembre si è tenuta una Digital Round Table organizzata da Radio24, moderata da Laura Bettini e Maurizio Melis, che ha coinvolto esperti del settore edilizio, ambientale ed energetico, oltre che rappresentanti del mondo accademico e di società multiservizi. Durante la tavola rotonda, i partecipanti hanno offerto una panoramica sull'evoluzione delle città, analizzando sia le sfide che le opportunità legate alla sostenibilità e all'innovazione tecnologica.

La tavola rotonda “Smart city e rigenerazione urbana” si è aperta con un focus sullo stato di salute delle città. Secondo Flavio Monosilio (direttore Affari Economici e Centro Studi ANCE), che ha aperto l’incontro, i dati dicono che le città sono attrattive dal momento che 1/3 della popolazione vive nelle aree urbane di grandi dimensioni, cifra destinata ad aumentare.

Il patrimonio immobiliare, che ha mediamente oltre quarant’anni di vita (il 74,5% è stato costruito prima dell’’81), necessita di forti interventi di riqualificazione. Le città, con edifici vecchi e che accoglieranno una popolazione sempre più numerosa e anziana, devono quindi attrezzarsi per rispondere alle nuove esigenze.

“In Italia c’è un’enorme difficoltà a cambiare, un ingessamento dovuto alla cultura e anche alla presenza di un patrimonio artistico tutelato dalla normativa soprattutto nei centri storici. Un atteggiamento di intangibilità del costruito che si estende anche alle periferie su edifici che non hanno valenza architettonica e funzionale”, dice Monosilio, direttore Affari Economici e Centro Studi ANCE. “Difficile pianificare la città ideale ma dobbiamo progettarla in modo che sia in grado di evolvere, parliamo infatti di urbanistica tattica. Sarebbero inoltre auspicabili un sistema di incentivi e un alleggerimento fiscale per intervenire sul costruito e promuovere l’housing social”.

L’impatto demografico sulle città

Renato Mazzoncini, amministratore delegato di A2A, sostiene che “la sfida per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 si gioca e si vince nelle città grazie alla densità e alla loro efficienza intrinseca. Nei centri urbani si generano infatti economie di scala che favoriscono investimenti sulla decarbonizzazione”.

A2A ha collaborato nel realizzare una ricerca sulla sostenibilità urbana per mettere in luce opportunità e soluzioni. Lo studio riporta che nel 2007 per la prima volta a livello mondiale la popolazione delle aree urbane ha superato quella delle aree rurali, e si stima che la percentuale possa raggiungere circa l’81% nel 2070. In Italia le città occupano il 7% del territorio, ospitano il 30% della popolazione, producono il 60% del PIL e consumano il 29% dell’energia. Per produrre 1 milione di euro di PIL in una città bastano 32 TEP (tonnellate equivalenti di petrolio), mentre in un’area rurale ne servono 116.

“Anche se in Italia la popolazione diminuirà, dobbiamo comunque lavorare per rendere i centri urbani più efficienti e progettare gli edifici per durare nel tempo. C’è molto da fare e anche se è difficile fare previsioni occorre una programmazione e l’impegno congiunto con enti pubblici, operatori privati e cittadini”, dice Mazzoncini.

A2A sostiene questa evoluzione in ottica smart city con numerosi progetti come il teleriscadamento realizzato per la città di Brescia, sta inoltre lavorando sulla possibilità di sfruttare il calore prodotto dai data center per il riscaldamento degli edifici, mentre nell’ambito del car sharing insieme al Politecnico a breve sperimenterà a Brescia un’applicazione che consente di portare le auto all’indirizzo di partenza con guida autonoma.

La dimensione della salute

Da una diversa prospettiva Anna Laura Pisello, docente di fisica delle costruzioni e dei sistemi energetici all’Università degli Studi di Perugia, ritiene vero che il bilancio energetico-economico delle città possa essere molto efficiente rispetto a siti di più piccole dimensioni come i borghi, ma va considerato che in Italia i centri abitati sono tanti e molto vicini. Di conseguenza la concentrazione dei servizi più efficiente può ricadere anche su realtà di dimensioni più piccole salvaguardando la qualità della vita.

“Per costruire un modello ideale di città occorre considerare anche la dimensione della salute” sostiene Anna Laura Pisello. “Spendiamo 60 miliardi di euro all’anno per curare malattie che derivano dalla sindrome dell’edificio malato e della città malata”.

Sul fronte dell’urbanistica tattica, viene spiega invece l’esempio dei cosiddetti pocket-park (piccole aree verdi) che si stanno diffondendo negli Stati Uniti, per attività stazionarie (come il pranzo). Sono iniziative temporanee, che in alcuni casi diventano stabili e rendono più vivibili le città, favorendo l’abbattimento dell’inquinamento e delle isole di calore.

Come si sta muovendo il mercato

Approccio olistico, procedure e burocrazia più snella: sono tutti elementi fondamentali per la riqualificazione energetica del nostro patrimonio immobiliare e costruire smart cities sostenibili. Per Samuel Olla (amministratore unico di Olla Home Solution) costruire il futuro in un’ottica green significa riqualificare, progettare e realizzare oggi case con materiali a ridotto impatto ambientale, privi di sostanze tossiche e nocive per l’uomo; provvedere all’isolamento a cappotto; posare serramenti ad alte prestazioni, sfruttare fonti energetiche rinnovabili e installare tecnologie come la domotica.

Il mercato sta vivendo un momento di evoluzione per la transizione energetica dove la direttiva europea Case Green punta verso la neutralità carbonica entro il 2050. In Italia l’efficientamento energetico ha avuto un’accelerazione dovuta agli Ecobonus, ma le percentuali rimangono ancora irrisorie: il 75% degli edifici risultano essere inefficienti, con classi energetiche prevalentemente in classe G.

“Gli interventi devono essere incentivati e si deve puntare sulla bio-edilizia. Per l’efficientamento del patrimonio edilizio bisognerebbe partire dalla pubblica amministrazione che oggi conta 167 milioni di metri quadrati da riqualificare”, dice Samuel Olla.

Ma esiste la città ideale?

“Dall’excursus decennale abbiamo capito che non esiste una smart city ideale, un modello che vale per tutti, ma i modelli vanno declinati nei vari contesti”, dichiara Mauro Annunziato (esperto smart cities e comunità energetiche, già direttore Divisione Smart Energy ENEA), sostenendo che la smart city corrisponde più a una ‘smart land’. Un’altra dimensione da prendere in considerazione (oltre alla sanità) è quella della sicurezza. Ad esempio in caso di eventi naturali, come le alluvioni, la diffusione dell’informazione in tempo reale è utile per gestire la mobilità. Per Annunziato quando parliamo di rigenerazione urbana non dobbiamo pensare solo alla tecnologia ma anche al cambiamento sociale, in termini di comportamento, come il car sharing o il far parte di una comunità energetica.

L’esperto di smart city ritiene infatti che “bisogna scommettere non sull’individuo ma sulla collettività, e trasmettere i meme della sostenibilità”. Sono inoltre vecchie non solo le strutture, ma anche le competenze per lo scambio e la condivisone dei dati. “La transizione digitale è alla base di quella ecologica, la formazione in questo ambito è quindi importante in tutti gli ambiti, a partire dal cittadino fino all’amministrazione pubblica”, sostiene Annunziato.

Dal punto di vista della progettazione

L’intervento di Gabriele Tagliaventi (docente di progettazione edilizia all’Università degli Studi di Ferrara) focalizza l’attenzione su due argomenti: gli ipermercati e la nascita delle città-giardino.

In Italia nel 2023 sono stati aperti 76 nuovi ipermercati, mentre nell’ultimo ventennio negli Stati Uniti ne sono stati demoliti il 25%. Negli USA hanno capito che edificare un quartiere urbano non solo abbatte l’inquinamento (riducendo il traffico automobilistico), ma è anche economicamente più vantaggioso sia per i costruttori sia per gli imprenditori chiamati ad avviare servizi e attività. I centri diventano attrattivi e gli abitanti garantiscono introiti per le casse comunali. Un sistema win-win, dove tutti vincono utilizzando risorse e opportunità in modo intelligente.

Il fenomeno delle città-giardino che si basano sul concetto delle ‘fifteen minutes cities’ (tutto nel raggio di 15 minuti), nasce dal desiderio di una migliore qualità della vita ed è poi cresciuto con il Covid che ha spinto verso lo smart working.

Un cambiamento sociale che vede svuotarsi città come Parigi, che perde ogni anno 10.800 abitanti, e molte città americane come New York, che ha perso più di 300mila abitanti.

“Queste realtà dimostrano che è necessaria una pianificazione, una governance che renda possibili determinati interventi e che attiri il capitale privato. La tecnologia è un valore aggiunto e, se usata bene, porta benefici”, conclude Tagliaventi.

a cura di Adriana Del Longo