Nelle scorse settimane è stata pubblicata la seconda parte della “Ricerca Nazionale sulle Società Benefit”, dedicata all’approfondimento degli statuti delle Società Benefit, realizzata da un gruppo di lavoro formato dal Research Department di Intesa Sanpaolo, da InfoCamere, da NATIVA insieme al Dipartimento di Scienze Economiche e Aziendali dell’Università di Padova, alla Camera di Commercio di Brindisi-Taranto e ad Assobenefit.
La Ricerca Nazionale sulle Società Benefit si è posta l’obiettivo di studiare il nuovo modello imprenditoriale che integra gli obiettivi di profitto con il perseguimento di benefici comuni per la società e l’ambiente. La prima parte della ricerca, pubblicata nella scorsa primavera, ha analizzato l’evoluzione economico-patrimoniale delle Società Benefit, confrontando il loro andamento con quello di un insieme di aziende tradizionali appartenenti agli stessi settori e classi dimensionali.
Nella seconda parte, il focus si è spostato sugli statuti di tutte le Società Benefit italiane, per individuare le finalità specifiche di beneficio comune in essi contenute, catalogandole secondo uno standard internazionale e verificando la materialità, in modo da evidenziare così gli impegni concreti e pubblici che queste aziende assumono nei confronti delle persone, delle comunità e dell’ambiente. Va ricordato, come le Società Benefit (SB) italiane, in conformità alla legge n. 208 del 28 dicembre 2015 che le ha introdotte nell’ordinamento italiano, si impegnano pubblicamente nei loro statuti a generare un impatto positivo sui propri stakeholder e sono caratterizzate dal senso di appartenenza al territorio, dalla consapevolezza organizzativa e dall’orientamento all’equità.
Gli statuti ai raggi X
A otto anni dalla legge che le ha introdotte nell’ordinamento italiano, la ricerca ha passato ai raggi X gli statuti di tutte le Società Benefit (3.619 a fine 2023), estrapolando 18.618 finalità specifiche di beneficio comune. Tanti sono gli impegni che le Società Benefit hanno volontariamente preso nei confronti delle proprie persone e delle comunità, dell’ambiente naturale e di quello imprenditoriale in cui sono inserite. In media, 5,8 finalità per ciascuna.
«Un primo dato di partenza significativo – sottolinea Paolo Gubitta, ordinario di organizzazione all’Università di Padova – che delinea i tratti di questo ecosistema di avanguardia: le Società Benefit rappresentano appena lo 0,12% del totale delle imprese del nostro Paese (e l’1,7% delle grandi), ma intendono lasciare il segno con una vocazione imprenditoriale emergente che guarda oltre il profitto».
La postura delle società benefit
La suddivisione delle finalità per aree fa emergere la postura imprenditoriale delle Società Benefit, che si esplicita in senso di appartenenza al territorio, consapevolezza organizzativa e orientamento all’equità.
Più in particolare, dalla classificazione delle finalità emerge che il 32,5% (6.045 finalità) ha come argomento il Capitale sociale, a evidenziare il forte legame con la comunità locale e il territorio in cui le aziende sono inserite; il 24,4% (4.542 finalità) riguarda l’innovazione del Modello di business, con impegni relativi al ridisegno dei processi interni e lungo la catena di fornitura, delle logiche di progettazione di prodotti e servizi in ottica di sostenibilità; il 17,6% (3.271 finalità) afferisce alle politiche di gestione del Capitale umano, che incide sull’equità, sull’organizzazione del lavoro, sul benessere e la valorizzazione delle persone, sui processi di formazione e sviluppo e sui modelli di welfare aziendale; il 13,4% (2.494 finalità) rientra nell’area Leadership e governance e riguarda le pratiche di gestione aziendale (del rischio, la sicurezza, i conflitti di interesse) e la diffusione del modello benefit; e infine con il 12,2% (2.266 finalità) gli impegni per l’ambiente.
Finalità di beneficio comune – TOP 10
Il ranking delle categorie delle finalità offre uno spaccato di come le Società Benefit decidano di impegnarsi a esprimere il proprio impatto positivo verso gli stakeholder. A conferma dell’attaccamento alla comunità e al territorio, raggruppando le finalità secondo l’approccio ESG (Environmental, Social, Governance), l’analisi evidenzia una particolare attenzione alle attività che producono un impatto sociale positivo (9.671 finalità, 51,9%), seguite da quelle legate all’ambiente (4.832 finalità, 25,6%) e infine alla governance (4.115 finalità, 22,1%). Un dato che esprime l’anima delle Società Benefit, faro di avanguardia che punta al bene comune incidendo sul territorio di appartenenza. Quasi 10mila impegni (il 51,9% del totale), infatti, si riferiscono alla S dell’acronimo. In testa l’alta attenzione ai diritti umani, il coinvolgimento dei dipendenti, il rispetto della diversità e l’inclusione. Seguono le finalità legate all’ambiente (il 25,6% del totale). Qui spiccano la progettazione e la gestione del ciclo di vita del prodotto e l’efficienza operativa. Questo dato – si legge nella ricerca – è dovuto al fatto che la maggioranza delle Società Benefit italiane appartiene al settore dei servizi, ambiti in cui gli impatti ambientali sono meno controllabili in modo diretto. Le finalità ambientali superano invece il 30% nei comparti della trasformazione delle risorse, in quello alimentare e nel settore dei beni di consumo. Alla G di governance fanno capo il 22,1% degli impegni cristallizzati negli statuti. Si concentrano soprattutto sulla diffusione del modello benefit, sulla resilienza del modello di business e sull’etica professionale.
Nel dettaglio, le finalità specifiche di beneficio comune indicate negli statuti delle Società Benefit rivelano una forte attenzione di questo tipo di aziende alle relazioni con la comunità (28,2%), al coinvolgimento, alla diversità e inclusione delle persone (14,7%), alla diffusione del modello benefit (10,4%) e infine alla resilienza del modello di business (8,2%) e alla progettazione del prodotto e la gestione del suo ciclo di vita (8,2%).
La materialità delle finalità
8 Società Benefit su 10 (il 78,0%) hanno indicato almeno una finalità specifica di beneficio comune materiale, dimostrando consapevolezza su quali siano i fattori critici globali per aumentare l’impatto nel proprio settore. E complessivamente il 17% delle Società Benefit ha più di quattro finalità materiali. La mappatura delle finalità di beneficio comune è stata realizzata utilizzando lo standard internazionale Sustainability Accounting Standards Board (SASB), riconosciuto a livello mondiale per la classificazione di questioni ambientali, sociali e di governance più rilevanti relativamente ai rischi finanziari associati in 77 diversi settori. Per ogni settore, lo standard SASB permette di analizzare anche la materialità, ovvero quanto un certo tema influenza le performance di sostenibilità dell’azienda in uno specifico settore. Tra le Società Benefit, circa 8 su 10 (il 78,0%) hanno indicato almeno una finalità specifica di beneficio comune materiale, dimostrando consapevolezza su quali siano i fattori critici globali per aumentare l’impatto nel proprio settore. Come prevedibile, la propensione a prendere impegni verso l’ambiente aumenta nelle aziende dei settori più hard, come la trasformazione delle materie prime, prodotti, infrastrutture e trasporti, in cui gli impatti ambientali sono diretta conseguenza delle scelte ambientali, mentre è minore nelle imprese di servizi.
a cura di Angelo Bongio
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